
In questo numero abbiamo scelto di incontrare Amedeo Giurazza, amministratore delegato di Vertis Spa, per parlare di investimenti, startup e territorio
D: Partiamo da Vertis, come nasce e di cosa si occupa?
R: Vertis è una Società di Gestione del Risparmio (SGR) con sede a Napoli, nata nel 2007 dalla convinzione che anche il Mezzogiorno possa svilupparsi attivamente a livello industriale e che la finanza, sotto forma di equity, possa sostenere le eccellenze del territorio.
La SGR gestisce attualmente sette Fondi d’investimento operativi nel private equity e nel venture capital. I primi due fondi sono nati tra il 2008 e il 2009 per investimenti di private equity e di venture capital esclusivamente nel Sud Italia; dal secondo semestre 2017, con il lancio di nuovi fondi di venture capital, il raggio d’azione è diventato nazionale, grazie anche alla sede milanese attiva dal 2014. È allo studio l’avvio nei prossimi mesi di un altro Fondo dedicato al Sud, focalizzato sulla trasformazione digitale per supportare sia startup nella fase seed sia scaleup e Pmi innovative per importanti progetti di crescita.
D: Perché la scelta di concentrarsi al Sud?
R: Come accennato in precedenza, crediamo fortemente nelle idee e nelle capacità delle imprenditrici, degli imprenditori e dei giovani del Sud Italia. Con Vertis, abbiamo supportato nel corso degli anni in maniera significativa il tessuto industriale del Mezzogiorno, realizzando oltre il 50% degli investimenti in realtà operative nel territorio. Tra investimenti diretti e co-investimenti con altri player, abbiamo canalizzato alle imprese del Mezzogiorno equity per oltre 130 milioni di euro. Abbiamo maturato un forte know-how sul territorio meridionale e siamo diventati un punto di riferimento per le startup, le scaleup e le Pmi; solo negli ultimi 5 anni abbiamo analizzato circa 500 aziende localizzate al Sud.
Vertis continua ad essere l’unica SGR del Sud Italia, e nonostante la nostra attività abbia carattere nazionale, siamo pronti a continuare a sostenere in modo significativo le imprese del Sud.
D: Cosa cercate nelle startup? Quali punti deboli e quali punti di forza avete incontrato nelle Startup con cui lavorare?
R: Sono tanti gli aspetti che valutiamo nella ricerca delle potenziali target: il team, la scalabilità del prodotto/servizio offerto, il mercato di riferimento, il business e revenue model, la difendibilità dell’idea, la traction, l’impatto sotto il profilo della sostenibilità. Alla fine, ciò che però veramente conta è l’execution, cioè la realizzazione di quanto pianificato; quindi, la nostra principale attenzione è nel capitale umano delle startup. È bene comunque sottolineare che ogni fondo ha una specifica strategia d’investimento, quindi, ricercando iniziative e investendo in quelle che operano in uno specifico settore o che si trovano in un determinato stadio di vita.
Con le nostre società in portafoglio c’è un lavoro quotidiano di condivisione e di affiancamento; ognuna ha le sue peculiarità con i propri punti di forza e di debolezza. L’obiettivo comune resta quello di creare valore per gli shareholder e per gli stakeholder.
D: Il venture capital italiano si sta trasformando, avvicinandosi sempre di più ai competitor europei. Cosa fare per migliorare ulteriormente?
Negli ultimi anni, l’ecosistema del venture capital italiano ha fatto dei grossi passi in avanti, ma la strada per raggiungere il livello dei nostri competitor europei è ancora lunga. La fase che va sicuramente migliorata è quella delle exit; quando la startup è cresciuta, i fondi hanno necessità di realizzare il loro investimento. A differenza di altri paesi industrializzati, in Italia non c’è ancora ampio attivismo da parte delle grandi corporate ad acquisire startup per internalizzare
innovazioni.
Andrebbero quindi introdotte misure fiscali incentivanti per le grandi aziende che acquisiscano il controllo di startup o Pmi innovative, detenendolo per almeno un triennio. In questo modo si favorirebbe anche la permanenza in Italia dell’innovazione che è stata sviluppata, evitando così che le startup italiane vengano cedute a Fondi o grandi corporate straniere.
Inoltre, per aumentare la capacità d’investimento dei Fondi e per crearne dei nuovi, bisognerebbe favorire l’investimento continuo delle Compagnie di Assicurazione, delle Casse di Previdenza Professionali e dei Fondi Pensione nell’asset class del
venture capital italiano.
D: Si parla tanto di unicorns, exits. A tuo avviso cosa significa per una startup avere successo?
R: Per “unicorno” si intende una startup che ha raggiunto una valutazione di mercato di almeno un miliardo di dollari USA. Negli ultimi tempi, il termine unicorno ha assunto però anche una forte connotazione mediatica, indicando una startup “che ce l’ha fatta”. In realtà, le startup e i founders di successo non sono quelli che riescono a chiudere round di raccolta crescenti e continui, bensì quelli che sono riusciti a fare una exit importante, monetizzando il loro investimento di denaro, di tempo e di dedizione.