Quale impresa

LA DONNA A SUPPORTO DELL’ESPANSIONE ITALIANA ALL’ESTERO

A tu per tu con Regina Corradini D’Arienzo, amministratore delegato di Simest, la società del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti che dal 1991 sostiene la crescita delle imprese italiane attraverso l’internazionalizzazione della loro attività. 

D: partiamo dalla sua storia professionale: nei suoi 30 anni di carriera al servizio di gruppi bancari nazionali ed internazionali, quali sono le skill che le sono state maggiormente di aiuto per crescere a livello manage­riale? E quali ostacoli ha dovuto superare nel suo per­corso di crescita?

R: Devo ammettere che quando ho iniziato, le donne in posizioni apicali erano davvero poche. Da parte mia, la prima leva che ho rafforzato ovviamente si riferi­sce alle competenze professionali. Ma in parallelo ho anche sviluppato alcune di quelle caratteristiche che vengono definite soft skills e che sono fondamentali per essere un manager di impatto.

Crescere a livello manageriale significa anzitutto accrescere la capacità di ingaggiare e valorizzare le persone, che rappresentano la principale forza delle aziende, siano esse il proprio team – come nelle pre­cedenti esperienze bancarie – siano, a maggior ra­gione, l’intera popolazione aziendale, come in questa mia esperienza in Simest. Ricercando e valorizzando la diversità. Lo si fa con una leadership gentile, em­patica e coinvolgente, dando l’esempio: non si otten­gono risultati duraturi senza che persone ci credano.

E quando si presentano gli ostacoli da superare è di grande aiuto saper guardare alle cose da diversi pun­ti di vista, il cosiddetto lateral thinking attraverso il quale si è in grado di generare diverse e più creative soluzioni. Questo assieme a una modulare capacità di analisi, quella che possiamo ritrovare nella fles­sibilità cognitiva, necessaria per osservare i diversi aspetti dei contesti interni ed esterni per trovare la strada più efficace.

Per raggiungere gli obiettivi ho capito anche che bisogna scaricare a terra una buona dose di prag­matismo agito in modalità agile per governare il fon­damentale fattore tempo. Negli anni ho imparato poi ad allenarmi alle avversità sviluppando il concetto di anti fragilità, trovando nei rischi ed errori quel­le leve sostenibili per non tornare al punto di prima, ma superarlo e fare un ulteriore passaggio evolutivo positivo.

E infine, un ultimo elemento fondamentale è essere sé stessi, con le proprie passioni ed interessi. Non si è un bravo manager se non si ha anche un posto nella comunità come persona.

 

D: La presenza di donne nei Cda delle aziende è in cre­scita anche nel nostro Paese, ma molto che è ancora da fare in termini di gender gap. Cosa consiglierebbe alle giovani donne che vogliono fare strada nel mondo dell’impresa?

R: Parto proprio dall’ultimo concetto: siate anzitutto voi stesse, non fatevi condizionare dal ruolo cercan­do di sembrare diverse. Occorre conoscere i propri punti di forza ma anche essere consapevoli delle proprie caratteristiche. Inoltre, non rinunciare alle vostre passioni e affetti. Questo porta in primis ad essere persone più consapevoli per poi evolve­re insieme a un continuo impegno in competenze – in un leader riconosciuto, non imposto che, come dicevo, riconosca il valore della diversità lo ricerchi e stimoli.

Altro suggerimento nuovamente dalla mia esperien­za: allenatevi all’incertezza, confusione, rischio e tutto ciò che ne deriva. Non solo vanno gestiti, ma vanno anticipati, così da diventare dei veri e propri fattori di crescita e di mi­glioramento.

Abbiate sempre voglia di conoscere, sappiate quindi, ascoltare in modo proattivo, fare domande, prestando particolare attenzione anche alle evoluzioni dello scena­rio globale e ai trend dei mercati internazio­nali. Confrontatevi, fate networking ma preser­vate sempre il vostro spazio di donne al di fuori del lavoro, trovando il giusto balance fra attività pro­fessionale e vita privata.

 

D: Passiamo al ruolo di Simest, che si è fortemente evo­luto con la pandemia. Dal 2020, sono state supportate più di 16.000 imprese nei loro programmi di interna­zionalizzazione ed export in oltre 150 Paesi. Quali sono i prossimi obiettivi dell’azienda e su quali progetti ha deciso di puntare nel breve periodo?

R: Continueremo nel percorso di innovazione dei nostri strumenti per affiancare in maniera sempre più ef­ficace un numero maggiore di imprese, soprattutto Pmi e MidCap in un contesto economico finanziario che richiede velocità di reazione e strumenti finan­ziari agili. È un’attività che faremo in stretta sinergia con Cassa Depositi e Prestiti al fine di fornire un so­stegno organico e di sistema ai vari settori produttivi e del Made in Italy.

Proprio in queste settimane stiamo lavorando al nuovo piano strategico 2023-2025, con l’obiettivo di rafforzare il ruolo di Simest a supporto dell’inter­nazionalizzazione delle aziende virtuose attraverso un percorso di crescita economicamente sostenibi­le, abilitato dalla valorizzazione del capitale umano, dall’innovazione digitale e dall’impatto sul territorio.

In particolare, puntiamo a rafforzare entrambi i fronti che caratterizzano la nostra operatività. Penso anzi­tutto al nostro prestito partecipativo, cioè l’ingresso attraverso fondi propri come azionisti di minoranza nel capitale di controllate estere dei nostri partner per supportarle nei loro progetti di crescita, agevo­lati anche da risorse pubbliche che ci permettono di calmierare i tassi in questo momento di crescita. C’è poi il fronte dell’erogazione di risorse a valere sui fondi pubblici per i cre­diti export e per l’inter­nazionalizzazione che gestiamo in convenzione con il ministero degli af­fari esteri e della coope­razione internazionale: in tale ambito, stiamo am­pliando la nostra offerta dei finanziamenti age­volati anche a supporto di investimenti in auto­matizzazione, digitale e transizione ecologica, in vista del riavvio delle do­mande previsto nei primi mesi del 2023. Attraverso queste risorse, Simest punta a consolidare il ruolo di partner chiave delle aziende che si affacciano ai nuovi mercati per crescere attraverso l’internazio­nalizzazione del proprio business e l’aumento delle esportazioni e della competitività dei prodotti.

 

D: Scenari multi-crisi, friend-shoring, reshoring sono termini che sentiamo sempre più spesso. A suo avviso come si sta evolvendo la globalizzazione e quali pro­spettive ci sono per le imprese Italiane?

R: Gli ultimi anni sono stati teatro di molti cambia­menti ravvicinati e penalizzanti per le aziende, che hanno portato a una necessaria evoluzione e rivi­sitazione dei business model. I mercati remoti, fino ad oggi capaci di assicurare delle ricadute positi­ve in termini di efficientamento dei costi e diver­sificazione delle geografie, adesso rappresentano un rischio. È tuttavia indispensabile che le nostre aziende trovino il giusto equilibrio per riuscire a coniugare la messa in sicurezza delle catene del valore con la libera circolazione e la libertà d’im­presa, contenendo i rischi derivanti dall’interdi­pendenza e mantenendo i benefici della globaliz­zazione. Per un Paese come l’Italia, che continua a beneficiare enormemente dei vantaggi della presenza sui mercati esteri, il mercato globale rap­presenta una grande opportunità per compensare la non sufficiente domanda interna.

Le imprese Italiane hanno bisogno e stanno pianifi­cando di reagire in maniera proattiva ed efficace per mettere in sicurezza le loro catene produttive, non­ché stanno sempre più reagendo alle multiple sfide del contesto economico, investendo soprattutto in un’innovazione sempre più sostenibile e digitale dei prodotti e dei processi di produzione. Unendo crea­tività e sapere artigianale propri delle nostre produ­zioni con l’innovazione tecnologica e sostenibile, le imprese italiane sono sicura che anche questa vol­ta riusciranno a proporsi sui mercati esteri con una rinnovata competitività, ma mai come in questo mo­mento vanno supportate con tempestività.

 

D: L’export italiano continua a crescere nonostante le tensioni internazionali: a suo avviso, quali sono le mi­sure necessarie per far crescere il numero delle no­stre Pmi esportatrici?

R: È necessaria un’azione integrata di sistema a supporto delle nostre imprese, per aiutarle a crescere dimensionalmente e a diversificare; mi riferisco non solo ai mercati di sbocco dell’expo, ma anche alla resilienza delle catene produttive e a investire in automatizzazione, in digitale e in sostenibilità per essere più competitivi e – di conseguenza – esse­re sempre più scelti dai player internazionali. Tutto ciò però nel rafforzamento della catena del valore, che non deve riguardare solo i principali player più strutturati ma deve diffondersi secondo una logica di integrazione per permettere alle realtà più gran­di di trasferire il know-how alle MidCap e alle Pmi, aiutando quindi l’intera filiera ad affermarsi inter­nazionalmente.

Tutte le istituzioni del Sistema Paese sono chiamate a lavorare sinergicamente a questi obiettivi. È impor­tante riuscire a cogliere tale opportunità, sfruttando i fondi che sono stati e che saranno stanziati per af­frontare le sfide del futuro, rafforzare la competitività del Made in Italy e non accumulare ritardi nel met­tere in sicurezza le catene produttive, che in futuro potrebbero divenire ancora più onerosi.