Quale impresa

EMPOWERMENT FEMMINILE E INNOVAZIONE

I dati parlano chiaro: se è vero che tanto si è fatto – sia a livello nazionale che comunitario – per la promozione delle pari opportunità a vari livelli, tanto resta ancora da fare per l’empowerment femminile, soprattutto dopo la pandemia. La crisi pandemica ha infatti generato un rallentamento delle aspettative di emancipazione ed eguaglianza femminile.

Il quadro è complesso e, guardando all’innova­zione, racchiude in sé aspetti come l’educazione Stem, la presenza (o, meglio, l’assenza) delle don­ne nell’economia digitale e l’esacerbazione gene­rale di tutti i limiti preesistenti.  La consapevolezza è fondamentale per fare un passo avanti. E questo è il tempo per agire, seppur già con notevole ritardo.

ISTRUZIONE STEM: UN PROBLEMA DI GENDER SEGREGATION?

Giusto per citarne una: lo scorso 8 marzo ha preso il via “Il mese delle Stem”, iniziativa del Ministero dell’Istruzione (manco a dirlo sospesa durante la pandemia) volta a promuovere approfondimenti sull’uguaglianza e le pari opportunità, oltre – come suggerisce il nome – a incoraggiare lo studio delle discipline Stem tra le bambine e le ragazze, scar­dinando lo stereotipo di genere che le vorrebbe scarsamente inclini al sapere scientifico-tecnolo­gico.

Parallelamente, nel Pnrr oltre un miliardo di euro è riservato al rafforzamento dello studio di queste materie. Tutto bellissimo e, probabilmen­te, qualche risultato arriverà. Ma qual è la base di partenza? Secondo l’European Institute for Gender Equality persiste un problema di gender segre­gation, ossia la pressione esercitata sulle giovani donne affinché si dedichino a percorsi di studio e conseguentemente di vita considerati più affini al genere femminile.

La ricerca dell’Osservatorio Stem “Rethink Ste(a)m Education – A sustainable future through scientific, tech and humanistic skills” (promossa da Fondazione Deloitte e Gruppo di Iniziativa Italia­na) evidenzia che il problema non è tanto, non solo, italiano, ma coinvolge Paesi europei come Germa­nia, Francia, Spagna, Regno Unito e Malta, in cui i laureati in discipline Stem sono il 26% del totale dei “dottori”. Cifre bassissime, viste le sfide che ci attendono dietro l’angolo, dalla crisi climatica alla tran­sizione ecologica, senza trascurare i fronti dell’in­novazione tecnologica.

Ancora più critico è il numero di donne laureate in facoltà tecnico scientifiche: il 39% dei laureati totali Stem in Italia, un gender gap che rappresen­terebbe una perdita per l’economia europea pari al 3% del Pil pro-capite.

NON È UN’ECONOMIA DIGITALE PER DONNE?

Lo afferma il Women in Digital (WiD) Scoreboard 2020 della Commissione europea: solo il 17,7% de­gli specialisti Ict europei sono donne, percentuale che in Italia scende al 14,8%.

A monte c’è un gap di genere, in cui rientrano, an­cora, la scarsa istruzione Stem per le donne e l’al­trettanto scarsa occupazione delle stesse in man­sioni ad elevata digitalizzazione o con prospettive di crescita nelle nuove tecnologie, senza dimen­ticare che il sistema scolastico tutto è parecchio indietro in termini di programmi e strumenti.

Eppure, proprio l’innovazione digitale – che permea tutti i settori – rappresenta l’occasione per porta­re finalmente a termine il processo di inclusione e colmare il gender gap.

EMPOWERMENT FEMMINILE: LE SFIDE

Per prendere il treno dell’empowerment femmini­le è necessario che le donne possano approfondire, a tutti i livelli, le tematiche connesse alla tecno­logia, alla digitalizzazione, all’innovazione.

Il punto, probabilmente, non sta nell’imposizio­ne di quote rosa in stile riserva indiana: si tratta di riconoscere alle donne meriti, ruoli e capacità e coinvolgerle, sin dai primi gradi dell’istruzione, nelle tematiche connesse alla rivoluzione digitale, senza che venga richiesta loro una “maschilizza­zione” del lavoro.