Quale impresa

1… 2… 2030 Goals!

Strategie europee e progressi verso lo sviluppo sostenibile

Il bisogno di approdare a soluzioni condivise tra tutte le nazioni del pianeta è diventato oggi un’evidenza in tutti i consessi multilaterali. La crisi pandemica ha reso ancora più evidente l’interconnessione globale tra aspetti economici, sociali e naturali, evidenziando la necessità di fornire una risposta olistica alla crisi attraverso azioni coordinate. Pertanto, esattamente come i singoli Stati stanno affrontando le ripercussioni della pandemia, è necessario un impegno primario globale nell’affrontare le sfide attuali e prevenire crisi future.

È proprio nello spirito di stabilire priorità comuni e azioni condivise che è stata adottata nel 2015 l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile con i suoi 17 goals di sviluppo sostenibile (SDG).

L’Agenda 2030 rappresenta un nuovo impulso agli sforzi globali per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile ed è stata accolta con entusiasmo dalle nazioni e nei consessi multilaterali.

 L’Unione europea in primis ha adottato azioni e strategie rivolte al raggiungimento dei 17 SDG. Il concetto di sviluppo sostenibile è al centro della politica europea già prima della definizione dell’Agenda 2030. Lo sviluppo sostenibile è infatti saldamente ancorato ai Trattati europei e l’UE è pienamente impegnata a svolgere un ruolo attivo per massimizzare i progressi verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile negli Stati Membri.

Come definire lo “sviluppo sostenibile” per l’Unione europea?

Per l’Unione europea sviluppo sostenibile vuol dire “rispondere alle esigenze delle generazioni attuali senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Prevedere un approccio globale che tenga conto degli aspetti economici, sociali e ambientali in modo che le varie componenti si rafforzino reciprocamente.”

Per garantire un approccio operativo al raggiungimento degli obiettivi che evidenzi i progressi dell’UE e dei singoli Stati membri, a partire dal 2017 l’UE effettua una relazione di monitoraggio dal titolo “Sviluppo sostenibile in Unione Europea – Rapporto di monitoraggio sui progressi verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile nell’UE “.

Il rapporto è animato dalla volontà di monitorare  i progressi verso gli Obiettivi di sviluppo sostenibile nell’UE basandosi su dati quinquennali ed evidenzia che dal 2017 l’UE ha compiuto progressi verso quasi tutti gli obiettivi.

Rispetto ai 17 Goals (SDGs) il rapporto evidenzia 169 target specifici, che bilanciano le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: pilastro sociale, economico e ambientale, cui si aggiunge la dimensione istituzionale. Si tratta di obiettivi universali, interconnessi e indivisibili; che devono necessariamente tenere conto delle realtà territoriali.

Sviluppo sostenibile in Unione Europea – Rapporto di monitoraggio sui progressi verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile nell’UE – Dati 2020

Secondo il rapporto 2020, in alcuni obiettivi il progresso è stato più veloce che in altri.

Come evidenziato nel grafico, i maggiori progressi sono stati raggiunti verso la promozione pace e sicurezza personale, accesso alla giustizia come così come la fiducia nelle istituzioni (SDG 16) . I progressi più lenti si registrano negli obiettivi SDG 13 “Azione per il clima” e SDG 5 “Parità di genere”. Tra gli obiettivi rimanenti, sono stati osservati buoni progressi negli ultimi cinque anni nella riduzione di alcuni aspetti della povertà (SDG 1) e nel migliorare la situazione sanitaria dell’UE popolazione (SDG 3). I progressi in questi settori hanno anche contribuito ad aumentare la qualità della vita in città e comunità (SDG 11).

E l’Italia?

Gli indicatori globali misurati possono essere analizzati anche dalla prospettiva degli Stati Membri.

Secondo quanto evidenziato dal rapporto, l’Italia registra i maggiori progressi rispetto al SGD 3: SALUTE E BENESSERE. Secondo i dati elaborati dall’Istat e presentati nel RAPPORTO SDGS 2020 INFORMAZIONI STATISTICHE PER L’AGENDA 2030 IN ITALIA, “nel 2019, in Italia, il numero di medici specialisti e generici è di circa 4 ogni 1.000 abitanti mentre il personale infermieristico e ostetrico è pari a 5,9 ogni 1.000 abitanti. I farmacisti sono invece 1,1 ogni 1000 abitanti. Nel 2018 l’indicatore sulla speranza di vita in buona salute alla nascita, che fornisce indicazioni sulla qualità della sopravvivenza, si attesta a 58,5 anni rispetto agli 83 anni attesi di vita totali. Nel 2019, la proporzione standardizzata di persone di 15 anni e più che presentano comportamenti a rischio nel consumo di alcol o che fumano si riduce ulteriormente rispetto all’anno precedente.”

Dai dati emerge inoltre una variazione positiva  per i Goal 2 (Fame zero, 71,4%), e 13 (Agire per il clima, 66,7%) mentre nei Goal 12 (Consumo e produzione responsabili) e 15 (La vita sulla terra) si registrano i livelli scarsi di miglioramento. In generale i trend rimangono comunque positivi.

I progressi dell’Italia possono essere valutati anche rispetto alle performance degli altri Stati Membri. Il Rapporto evidenzia, rispetto ai risultati conseguiti, due punteggi: lo Status Core e il Progress Score.

Il primo mostra la posizione del singolo Stato Membro rispetto a tutti gli altri.  Di conseguenza, uno status score elevato non significa che un paese sia prossimo al raggiungimento di uno specifico SDG, ma segnala che questo paese ha raggiunto uno status più elevato rispetto a molti altri Stati membri.

Il secondo punteggio assegnato, misura il livello di progresso di un paese, elaborato sulle tendenze degli indicatori negli ultimi cinque anni e il suo calcolo non è influenzato dai progressi compiuti da altri Stati membri.

Secondo questa prospettiva, i progressi più lenti sia in termini assoluti sia rispetti agli altri Stati Membri sono conseguiti rispetto agli SDG 4 ISTRUZIONE e 8 LAVORO DECOROSO/CRESCITA ECONOMICA.

Le migliori performance si registrano invece per SDG 3 SALUTE E BENESSERE e SDG 11 CITTÀ E COMUNITÀ SOSTENIBILI.


IL PUNTO DI VISTA DELLE IMPRESE

di Eleonora Anselmi, Vice Presidente Giovani Imprenditori Confindustria

Dall’urgenza della crisi pandemica, l’aggravarsi del cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, le questioni sociali critiche che sono salite alla ribalta:

il nostro mondo e la nostra industria sono ad un bivio.

Allontanarsi dai vecchi sistemi tradizionali, abbracciare, e soprattutto guidare un cambiamento reale e duraturo, fa parte di un futuro a cui dobbiamo collettivamente e rapidamente passare.

Per questo da imprenditori ci concentriamo sulle questioni che hanno il maggiore impatto positivo e in cui abbiamo opportunità di creare un’evoluzione consistente.

I risultati del Report SDG 2019 ci raccontano di un paese a due velocità, dove migliora l’occupazione ma i giovani che non trovano lavoro e non studiano (NEET) sono ancora il numero più alto d’Europa. Un Paese, il nostro, dove gli indicatori che monitorano la gestione dei rifiuti sono oltre l’obiettivo che ci siamo prefissati, ma dove il consumo di materiale interno torna ad aumentare dopo decenni.

Il nostro Paese ricco di contraddizioni ci obbliga a guardare alla società in modo globale ed essere convinti che sia nostro dovere essere sostenibili, attenti e responsabili in tutto ciò che facciamo.

Noi imprenditori abbiamo il nostro modo distintivo di creare cambiamenti positivi per le persone e per il nostro pianeta.

Prendiamo posizione sulle questioni critiche che il nostro mondo deve affrontare oggi, stimoliamo la conversazione e, soprattutto, agiamo.

La nostra filosofia basata sull’azione va di pari passo con la collaborazione, in modo da incoraggiare un cambiamento più ampio e di vasta portata.

Solo puntando sul ruolo strategico dell’industria si possono creare le condizioni per significativi effetti positivi sia a livello ambientale che a livello occupazionale e di competitività di tutti i settori dell’economia.  La dimensione della manifattura italiana nel contesto della produzione europea ci pone in una condizione privilegiata per valorizzare le opportunità della transizione ecologica.

Partire dall’economia circolare è la chiave del cambiamento sotto molti punti di vista.

Di questo abbiamo parlato durante l’ultimo Circular Summit, organizzato da YES for Europe in collaborazione con JEUNE. Un tavolo allargato ad imprenditori di tutta Europa, per la condivisione di obiettivi di un’economia green, dove la necessità di raccontare la diversa visione di “imprenditore sostenibile” è stata colta con poesia dai partecipanti.

Ma qual è la differenza tra imprenditore e imprenditore sostenibile? Entrambi si dedicano alla propria azienda, ma con una leggera differenza tra loro. Alcuni potrebbero dire che un imprenditore sta lanciando una palla di neve dalla cima di una montagna  e che, un imprenditore sostenibile sta lanciando una palla di neve dalla cima di una montagna, ma tenendo presente l’esistenza del riscaldamento globale.  Non ci sono apparentemente differenze nelle loro azioni, ma il secondo è consapevole del contesto nel quale opera.La differenza principale quindi è la consapevolezza che la propria attività vive in un ecosistema fragile, è l’attenzione che prestiamo a questo ecosistema che ci rende imprenditori sostenibili. Facciamo questo cercando di ridurre l’impatto della nostra attività sull’ambiente e cercando di utilizzare il minor numero di risorse possibile. Misuriamo quindi il successo della nostra attività tenendo conto del risultato finanziario ma anche generando un ritorno positivo per la società.  L’imprenditore sostenibile sviluppa e utilizza le sue competenze chiave attraverso l’intero processo aziendale riuscendo a rivoluzionare il paradigma della produzione: crea modelli di business che non solo sono redditizi ma realizzano anche valore ambientale e sociale.

Questa transizione non rappresenta però solo un vincolo di breve periodo per le imprese, e quindi un costo per il sistema economico, ma costituisce una grande opportunità di rinnovamento industriale. Da questo rinnovato sistema economico può derivare un forte impulso per la crescita, grazie ai rendimenti attesi dallo sviluppo di migliori tecniche di produzione e quindi da un miglior impiego del capitale e della forza lavoro.

La direzione verde dell’economia globale non è più lo slogan di uno sparuto gruppo di ambientalisti ingenui, ma una necessità tecnologica, ambientale ed economica motivata dai cambiamenti climatici, dalla scarsità di risorse e dall’erosione dei confini nazionali. Come in un dopoguerra, l’attuale crisi pandemica, in quanto crisi sistemica, può diventare un’opportunità economica a patto che si traduca in una rivoluzione che metta al centro non il consumo ma l’uomo.

Per la comunità imprenditoriale, il panorama geopolitico non è mai stato così complesso come negli ultimi anni, ecco perché abbiamo bisogno di coordinamento, inclusione e condivisione del processo decisionale, indispensabili chiavi d’accesso per essere il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo.