
A tu per tu con Nicoletta Luppi, presidente e amministratrice delegata di MSD Italia, azienda biofarmaceutica multinazionale fondata 132 anni fa e leader mondiale nel settore delle life sciences, nota negli Stati Uniti e in Canada come Merck & Co.
D: Partiamo dalla sua storia professionale: una carriera in MSD, al servizio dei pazienti e del settore farmaceutico. Quali sono le skill che le sono state maggiormente di aiuto per arrivare a ricoprire la sua posizione attuale? E quali ostacoli ha dovuto superare nel suo percorso di crescita?
R: La mia carriera in MSD Italia ha inizi nel 1993 come informatrice scientifica del farmaco. Ruolo insolito per chi come me, si laureava prima in lingue e letterature moderne, conseguiva poi il master in Business Administration e iniziava in parallelo un primo percorso della consulenza. Un’opportunità che, fin dal primo istante, mi aveva affascinata quanto il mondo della salute e che ho voluto e saputo cogliere in anni in cui non era frequente trovare donne in posizioni apicali o in ruoli manageriali.
Sono trascorsi 30 anni da allora e, come è facile immaginare, molti sono stati gli ostacoli che ho dovuto superare nel corso della mia carriera, dimostrando sempre grande tenacia e forza d’animo. Sapevo infatti che il successo e la possibilità di vincere questa scommessa dipendevano solo da me. Del resto mi sono sempre piaciute le sfide. È questo spirito forse che mi ha consentito di ricoprire come prima donna tanti ruoli di crescente responsabilità, fino ad arrivare alla guida delle due sister companies di MSD (Neopharmed e Gentili) e, poi, della nuova divisione di market access e commercial operations. E proprio quest’ultimo ruolo mi ha permesso di affacciarmi alla sfida successiva, ovvero quella di president and managing director di Sanofi Pasteur MSD, joint venture tra la divisione vaccini di Sanofi Pasteur e MSD. Una doppia sfida in realtà perché, da quel momento, ho avuto la piena accountability di un’azienda nuova e a guida francese (non più americana) e ho dovuto occuparmi di un’area di cui fino ad allora non sapevo nulla, ovvero quella dei vaccini. Un’occasione davvero unica per continuare a imparare. I primi risultati si sono visti nel giro di pochi mesi, tanto da avermi portata a essere eletta presidente del Gruppo Vaccini Farmindustria.
Nel 2015, pur continuando a gestire la JV per un altro anno e mezzo, ho avuto modo di tornare in MSD Italia, questa volta nel ruolo di presidente e amministratrice delegata. Una carriera che ho sempre cercato di accompagnare con una visione strategica, leadership, capacità di ascolto, empatia, determinazione, passione e curiosità, ma anche con un’approfondita conoscenza del business, dell’area policy e market access e delle risorse umane, se penso alle skill più tecniche fondamentali per ricoprire un ruolo come il mio.
D: La presenza femminile ai vertici delle aziende è in crescita anche nel nostro Paese, ma c’è ancora molto da fare in termini di gender gap. Qual è la vostra politica al riguardo?
In MSD perseguiamo la missione di scoprire, sviluppare e offrire farmaci, vaccini e servizi innovativi per salvare e migliorare la vita delle persone in tutto il mondo, creando e promuovendo un contesto lavorativo in cui chiunque possa sentirsi accolto e, nella sua unicità, essere valorizzato. Siamo convinti che la presenza femminile in azienda sia una risorsa imprescindibile e di valore; un’idea, questa, che si colloca in una visione più ampia volta a incentivare una cultura aziendale inclusiva attenta alla qualità della vita dei dipendenti, dentro e fuori l’ambiente di lavoro.
A tal proposito, se consideriamo la quota rosa presente nella nostra organizzazione, possiamo dire che la leadership femminile da noi non fa notizia. Nel corso degli anni, vi è stato inoltre un incremento importante della presenza femminile che oggi raggiunge il 60% dell’occupazione totale (vs 50% del 2018), i 2/3 del board, il 50% del leadership Team, più del 70% delle nuove assunzioni e promozioni.
Siamo convinti, infatti, che le pari opportunità siano un elemento di differenziazione che genera concreto valore. Questo vale anche per ciò che riguarda gli aspetti retributivi. A tal proposito, siamo stati tra le prime aziende ad aver eliminato il problema del gender pay gap grazie all’introduzione del gender pay equity: un sistema di retribuzione basato su principi di equità e coerenza, contraddistinto da periodiche analisi salariali volte a garantire una struttura retributiva competitiva all’esterno, coerente all’interno e che assicuri un equo livello retributivo, indipendente dal genere.
D: Considerando la sua carriera di successo, quali consigli darebbe alle donne interessate a seguire il suo esempio e intraprendere un percorso di crescita come il suo?
Mi capita spesso di ripensare al mio percorso professionale, alle opportunità che ho avuto ma, ancor di più, agli ostacoli che ho dovuto superare. Arrivare in vetta, proprio come avviene quando si scala una montagna, richiede concentrazione, studio, impegno e fiducia in se stessi. La salita spesso è faticosa, ma la vista, una volta giunti in alto, ripaga tutti gli sforzi. Aver avuto questa possibilità in MSD ha fatto la differenza. La nostra è una realtà che incentiva la crescita, offre programmi di formazione, valorizza le persone ed il loro essere uniche. Per questo mi sento in dovere di aiutare altre donne a costruire un contesto in cui anche loro possano eccellere.
A chiunque volesse intraprendere un percorso come il mio, darei questi suggerimenti:
- “Essere ciò che si è e sicuri del valore che si apporta all’organizzazione”. Voglio mostrare alle donne come essere leader senza mai dimenticare ciò che sono. Non è solo la cosa giusta da fare per la società, ma è anche un imperativo economico.
- “Se vuoi andare veloce, vai da solo. Se vuoi andare lontano, vai insieme”. Quando si sostengono gli altri, si costruisce un ambiente in cui tutti possono eccellere.
- “Incoraggiate il vostro team ad abbracciare la diversità di genere”. Creare una cultura in cui tutti si sentano responsabili dei progressi verso la parità di genere.
- “Sostenete nella società programmi orientati alle donne”. Trovate le aree che vi interessano e impegnatevi.
D: Per le aziende statunitensi, l’Italia è il primo Paese europeo in termini di produzione farmaceutica e il secondo per occupazione. Si può dire che l’Italia sta diventando leader in questo settore?
R: Assolutamente sì. È proprio ciò che è emerso chiaro dal Libro Bianco realizzato da The European House-Ambrosetti, con il supporto di IAPG e Eunipharma, che abbiamo presentato solo pochi giorni fa dinanzi alle apicalità dell’economia e della politica internazionale e nazionale, insieme a rappresentanti dell’imprenditoria italiana.
Un’occasione importante non solo per prendere parte a un dibattito costruttivo sulle strategie competitive da adottare da qui ai prossimi anni, ma anche per mettere in luce il valore generato dalle aziende farmaceutiche a capitale estero per il sistema socio-economico del nostro Paese. Parliamo di un documento che vuole consentire alla politica italiana di operare le scelte necessarie per far sì che l’Italia continui a crescere e attrarre investimenti, guadagnando la fiducia che merita per le molte eccellenze che il made in Italy è in grado di esprimere.
Nonostante gli ultimi tre anni siano stati difficili, le aziende farmaceutiche hanno continuato ad assumere personale qualificato, a mettere a disposizione dei pazienti farmaci e vaccini innovativi e a non interrompere le ricerche in corso; dimostrando una grande resilienza. Un impegno che si traduce in numeri concreti: un milione di persone sopravvissute dopo dieci anni dalla diagnosi di un cancro, una riduzione del 40% della mortalità per patologie croniche, lo sviluppo di 120 farmaci per malattie rare. Pur essendo la ricerca in campo farmaceutico lunga, costosa e rischiosa, insieme alla produzione, rappresenta una scelta win win perché garantisce la crescita economica, consente di supportare la ricerca clinica nelle università e negli Irccs del nostro Paese, crea occupazione qualificata.
D: Il volto della sanità pubblica sta cambiando, negli ultimi anni abbiamo toccato con mano l’importanza degli investimenti pubblici e di un dialogo proficuo tra pubblico e privato. Quali sono a suo avviso gli asset principali su cui lavorare per una governance farmaceutica sempre migliore ed efficace?
R: Nonostante sia merito dello straordinario impegno in ricerca e sviluppo da parte delle aziende farmaceutiche – unitamente a virtuose partnership pubblico-privato – se siamo tornati a vivere una fase di nuova normalità, il riconoscimento del valore strategico della sanità e, più in generale, della salute sembra essersi “rarefatto”.
È necessario che torni invece ad essere un tema centrale, che la salute venga riconosciuta non come una spesa, ma come un investimento che, in quanto tale, necessita di risorse. A tal proposito, è importante sottolineare quanto non sia solo una questione di quantità, ma di come queste risorse vengono allocate.
È il momento di rivedere gli attuali criteri contabili, ripensando alle priorità in materia di spesa e di bilanci pubblici, in favore del settore della salute umana e delle tecnologie sanitarie, decisivo per il futuro e la sostenibilità economica di un Paese. In Italia, a differenza di altri comparti, l’industria non ha la possibilità di fissare liberamente il prezzo dei farmaci, magari adeguandolo alla luce di possibili aumenti dei costi energetici o del tasso di inflazione.
La farmaceutica è l’unica voce di spesa in sanità che non supera il finanziamento in quanto il deficit è ripianato dalle imprese del farmaco che hanno prodotto innovazione. Suggeriamo per questo una serie di azioni che rappresentano soluzioni perseguibili nel breve e medio termine che riguardano il rafforzamento del Ssn, la definizione di una strategia per rafforzare il ruolo dell’Italia come polo produttivo e di ricerca, una nuova governance, un migliore modello di finanziamento della spesa farmaceutica pubblica, la semplificazione normativa per i trial clinici, l’adozione di una strategia italiana per le Life Sciences.
D: Quali figure professionali cerca il mercato farmaceutico e quali indicazioni possiamo dare ai giovani che vogliono lavorarci?
R: Il mondo del farmaceutico continua a essere fortemente attrattivo anche da un punto di vista di risorse umane e, se guardiamo nello specifico a MSD Italia, i numeri ce lo confermano: da noi il turnover è al di sotto del 4%, una percentuale nettamente inferiore rispetto alla media nazionale.
Il comparto farmaceutico però si è evoluto nel corso degli anni. È cambiato il modo di fare ricerca e di produrre farmaci, ecco perché servono competenze nuove, conoscenze complesse, e un maggiore orientamento al digitale per operare con big data e intelligenza artificiale.
Quello che suggerirei dunque è di non perdere mai l’entusiasmo, la curiosità e la sete di sapere, fondamentali per fare la differenza e contribuire a perseguire la nostra missione di migliorare e salvare la vita delle persone. Perché la vita in buona salute non è mai abbastanza.