
Dal Covid19 a Tokyo 2020: un viaggio epico per lo sport italiano, grazie ai risultati storici del gruppo Olimpico e Paralimpico e alle vittorie europee delle nazionali di calcio e di pallavolo.
Ma cosa anima tutti questi successi? Da dove proviene la forza del nostro movimento sportivo?
Sono domande a cui è difficile dare una risposta. Intanto diciamo che l’immagine del “custode che apre il campetto di gioco” appartiene al passato: l’industria sportiva è un mondo vasto e in continua evoluzione, che merita maggiore attenzione e riconoscimento. Dagli atleti professionisti ai campioni olimpici, dagli amatori ai settori giovanili, dalle scuole dello sport ai soggetti fragili con invalidità: tutti questi “attori” nascono, crescono e coltivano la loro passione negli impianti sportivi.
Progettare, realizzare e gestire un impianto sportivo (piccolo, medio o grande) è una reale attività imprenditoriale che muove investimenti, lavoro, servizi e materiali. Tutto ciò genera il 2% del PIL nazionale. Per realizzare un impianto sportivo, serve un piano d’investimento che va dai 100.000 euro per gli impianti più piccoli e mono sport fino a oltre il milione di euro per gli impianti più grandi e polisportivi, con strutture anche al chiuso.
In Italia, oggi, sono presenti oltre centomila impianti sportivi che generano oltre 55 miliardi di euro per la loro realizzazione (tra cantieri e filiere). A questi numeri da capogiro, va aggiunta la successiva gestione degli impianti che ha sviluppato, nel periodo pre-Covid, oltre 17 miliardi di euro l’anno (ultimo dato al 2017).
Negli impianti, poi, nascono e crescono realtà sportive internazionali che fanno del merchandising e dell’esportazione di beni e servizi all’estero una delle attività più redditizie. Queste azioni, infatti, hanno registrato una crescita cumulata del 28% in valore, ben al di sopra del tasso di crescita delle esportazioni italiane complessive (dal 2011 al 2017).
Detto questo, come fa un imprenditore sportivo a predisporre le risorse per iniziare questo tipo di attività?
La risposta è molto semplice: attraverso fonti di finanziamento o autofinanziamento. In Italia, nell’ultimo decennio, tutti i maggiori istituti di credito hanno aperto settori dedicati allo sport e alle no-profit e sul territorio è presente una realtà nata per supportare il movimento: l’Istituto per il Credito Sportivo, la vera banca dello sport. Abbiamo intervistato il Presidente Andrea Abodi.
Come nasce l’Istituto per il Credito Sportivo?
L’Istituto per il Credito Sportivo nasce con una legge dello Stato nel 1957, alla Vigilia di Natale e, di fatto, delle Olimpiadi di Roma del 1960. Il Governo, con grande lungimiranza, decise di far nascere la Banca dello Sport, una sorta di eredità olimpica anticipata, per favorire lo sviluppo delle infrastrutture sportive italiane dopo la celebrazione dei Giochi.
Oltre all’Istituto, venne costituito anche il “Fondo per la concessione di contributi in conto interessi” dedicato all’impiantistica sportiva, soggetto autonomo e affidato in gestione separata e gratuita a ICS, a disposizione dell’intero sistema bancario. Quindi, parliamo di quasi 64 anni di attività nel corso dei quali il Credito Sportivo ha contribuito a far crescere e a migliorare gran parte dell’impiantistica, pubblica e privata, dedicata allo Sport, attraverso il finanziamento di grandi impianti, ma anche e soprattutto di infrastrutture di base, che si sono rivelate nel tempo indispensabili luoghi di socialità, anche in chiave educativa e formativa.
A dare ulteriori funzioni, significati e utilità al lavoro dei Colleghi dell’Istituto, sono giunti “strada facendo”, per via legislativa, anche il Fondo di Garanzia per l’impiantistica sportiva e, dall’inizio della pandemia, i Comparti Liquidità per Interessi e Garanzie, che hanno consentito l’accesso al credito a condizioni agevolate a migliaia di associazioni e società sportive in grave difficoltà per gli effetti del Covid-19. Ultimo “nato” a fine 2020 è stato il Fondo Cultura, grazie all’intervento del Ministero della Cultura, con i due Comparti dedicati anche in questo caso a Interessi e Garanzie, a supporto di finanziamenti pubblici e privati per la valorizzazione del patrimonio culturale, materiale e immateriale, della nostra Nazione.
A chi è rivolto? Chi può accedervi?
Il Credito Sportivo si rivolge a tutti i soggetti, pubblici e privati, che operano in ambito sportivo e culturale, interessati alla realizzazione di piccoli e grandi progetti infrastrutturali dedicati a questi due settori sui quali si concentra la nostra funzione di banca di scopo. Ogni anno ne finanziamo centinaia: di tutte le discipline sportive e nell’ambito di tutti i settori culturali, e in tutto il territorio nazionale. Questa, in estrema sintesi, è la caratterizzazione della nostra attività di banca pubblica, sociale, per lo sviluppo sostenibile dello Sport e della Cultura.
Oltre ai classici finanziamenti a medio-lungo termine, anche grazie a una serie di collaborazioni con enti, istituzioni finanziarie e fondazioni, siamo in grado di offrire un ventaglio di nuove opportunità: dall’advisory dedicata allo sviluppo di piani di fattibilità, al factoring e al finanziamento dei crediti fiscali sempre in ambito sportivo e culturale, che sono parte di un portafoglio prodotti e servizi che continuerà ad arricchirsi di contenuti, rispettando tempi e termini previsti nel Piano Industriale 2020-2023. Il nostro sito www.creditosportivo.it è la naturale porta di accesso alla piattaforma ICS, che si combina con la rete dei Colleghi presenti sul territorio che contribuiscono in modo fondamentale alla diffusione delle nostre opportunità e al consolidamento dei rapporti con i nostri Clienti, acquisiti o potenziali.
Come risponde il mercato dello sport al vostro sostegno? Qualche numero?
Penso siano indicativi due dati di sintesi: negli ultimi cinque anni abbiamo erogato poco meno di un miliardo e mezzo di euro di finanziamenti e nell’ultimo anno abbiamo raddoppiato la base Clienti. Il Credito Sportivo è considerata una banca sana, con una solida base patrimoniale che si avvicina al miliardo di euro, capace di rispondere alle esigenze di due settori socialmente rilevanti e delicati, dalla dimensione industriale fino al terzo settore, nel rispetto delle regole del sistema bancario alle quali siamo sottoposti. Dopo un bilancio di esercizio 2020 nel quale abbiamo registrato oltre 320 milioni di euro di impieghi, il migliore della storia ICS, contiamo di crescere ulteriormente e non solo in termini economico-finanziari, ma anche di impatto diretto, indiretto e indotto determinato dai nostri interventi, impatto che intendiamo far misurare e certificare da un operatore specializzato, naturalmente terzo e indipendente. Tutto questo è il frutto di un know how specialistico che si è consolidato nel tempo e di una presenza capillare e costante, attiva e propositiva, nel rapporto tra l’Istituto e il sistema sportivo in tutte le sue articolazioni, pubbliche e private, che ci riconosce come interlocutore naturale nelle dinamiche di sviluppo delle infrastrutture.
Abbiamo riscontrato che in molte regioni ci sono meccanismi di sinergia con strumenti di finanza agevolata (vedi TITOLO II CAPO 6* TURISMO per la Puglia). Ci sono progetti per incrementare queste sinergie?
La relazione tra l’Istituto per il Credito Sportivo, le Regioni e le Finanziarie Regionali può e deve intensificarsi, migliorare i suoi effetti, garantire una crescente efficacia per i beneficiari, pubblici e privati. Da questo punto di vista posso affermare che la Regione Puglia e il suo “strumento” Puglia Sviluppo rappresentano uno dei più efficienti riferimenti per ICS e il Titolo II Capo 6 è un esempio concreto di misure a sostegno dello sviluppo delle piccole e medie imprese, anche sportive e culturali.
Ormai è del tutto evidente che lo Sport e la Cultura possano essere sostenuti non solo con misure finanziarie dedicate specificatamente ai due settori, ma anche intercettando opportunità relative ad altre tematiche, anche in ambito infrastrutturale. Solo per fare qualche esempio nell’ambito di iniziative che riguardano il miglioramento di infrastrutture esistenti o caratterizzano la realizzazione di nuove: l’efficientamento energetico, tema peraltro inevitabile, l’implementazione tecnologica, altrettanto strategico, la sicurezza e l’accessibilità.
Con il PNRR, che ci dovremo meritare con progetti di qualità che dovranno diventare opere realizzate “a regola d’arte” entro il 2026, avremo a disposizione, condizionatamente, risorse finanziarie ingenti, con le quali finanziare e cofinanziare opere e attività, e sono certo che il Credito Sportivo potrà dare il suo contributo anche promuovendo – e praticando – il dialogo e la collaborazione tra le misure finanziare pubbliche, nelle loro varie forme. Così come nello sviluppo del portafoglio progetti. A questo proposito, stiamo lavorando su quello che chiamo, prendendo spunto dal cassetto fiscale, “il cassetto delle opportunità” che consentirà di avere riferimenti certi, aggiornati e puntuali, anche geograficamente, delle misure pubbliche a sostegno dello sport e della cultura: a livello comunitario, nazionale, regionale, comunale, ovvero quelle gestite da ICS, CDP, Invimit, Invitalia, MCC e altri soggetti che ne hanno titolo.
Come vede l’industria dello sport nel prossimo decennio?
Considero lo Sport, insieme alla Cultura, una delle difese immunitarie sociali. È un concetto che dobbiamo riuscire a comprendere e apprezzare, tanto più in una fase storica come quella che stiamo vivendo, nella quale siamo stati costretti a misurarci con una drammatica pandemia che ci ha fatto capire la fondamentale importanza delle difese immunitarie per l’organismo umano.
La salute della singola persona e il benessere sociale di una comunità dipendono in modo significativo, nelle rispettive e differenti specificità, dalle difese immunitarie e di questo dovremo sempre più tener conto nelle scelte di fondo che riguardano il singolo e il più ampio contesto nel quale il singolo vive. Fatta questa considerazione di premessa, mi auguro che l’industria sportiva sappia dare sempre più il giusto rilievo, nella definizione delle scelte strategiche e dell’operatività quotidiana, allo straordinario impatto che il comparto sport ha e avrà sulla società, interpretando in modo possibilmente convinto e convincente il suo ruolo anche in relazione al tema integrato della sostenibilità ad ampio spettro: ambientale, sociale ed economica.
Con cambiamenti di scenario sempre più rapidi, penso che l’industria dello sport potrà ulteriormente crescere e svilupparsi nell’offerta, se saprà stimolare e orientare la domanda, anche interpretando il futuro e anticipandone gli impatti, con sempre più consapevolezza del proprio ruolo. Un’ultima considerazione: riscontriamo una diretta corrispondenza e un’assoluta simmetria tra l’indice di sportività delle province italiane elaborato dagli specialisti di PTSCLAS e l’articolato e interessantissimo indice della qualità della vita delle province pubblicato meritoriamente dal Sole 24 Ore. Nelle province dove lo sport si afferma, la qualità della vita è migliore, dove è carente la qualità della vita è peggiore. Non ci vuole molto a trarre delle conclusioni.
Cosa si aspetta dal Credito Sportivo nel prossimo futuro?
In effetti, più che aspettarmi qualcosa, sono certo che l’Istituto saprà completare la sua trasformazione da “banca monoprodotto” a piattaforma di servizi e soluzioni finanziari in diversi ambiti, dimostrandosi sempre più capace di andare incontro alle esigenze delle differenti categorie di clientela. Siamo consapevoli di dover servire al meglio i sistemi sportivi e culturali, di base e di vertice, fornendo strumenti utili e concreti dedicati non solo alle infrastrutture fisiche, ma sostenendo anche quelle immateriali – la cultura, l’educazione e la formazione – che, oggi più che mai, sono le vere fondamenta sulle quali si basano lo Sport e la Cultura.
Di sicuro sarà ancora più significativo il nostro impegno per migliorare le infrastrutture ad alto profilo di socialità, proprio nell’ottica del rafforzamento delle “difese immunitarie sociali”, a partire dal sud Italia dove se ne avverte maggiormente il bisogno e dedicando una particolare attenzione a quelle scolastiche. Nello stesso tempo sono altrettanto certo che sarà crescente l’impegno dell’ICS in relazione alle tematiche ambientali, a partire da quelle energetiche, nell’ambito delle quali lo Sport, in particolare, ha nel nostro Paese un ritardo che produce vari livelli di inefficienze, con un impatto annuale nel conto economico non lontano dal miliardo di euro. Questo dato ci obbliga a programmare una mappa di attività, iniziative e interventi di respiro decennale coerente con l’Agenda 2030, ma che deve produrre effetti quotidiani, verificabili, misurabili e comunicabili.
Viviamo un tempo nel quale dobbiamo essere in grado, ognuno nel suo ruolo e, dove possibile, con un produttivo gioco di squadra, di creare una relazione stretta e produttiva tra le difficoltà e i problemi che stiamo vivendo, con le grandi opportunità della finanza d’emergenza rappresentata in primo luogo dal PNRR. Le grandi occasioni vanno colte e uno strumento come il Credito Sportivo ha tutte le credenziali per fare in modo che le cose succedano, bene e presto.