Quale impresa

L’EUROPA DEI GIOVANI

INTERVISTA A ERIKA RASTELLI, VICE PRESIDENTE YES FOR EUROPE PER IL 2023

I giovani imprenditori europei rinnovano la Squadra di presidenza e l’Italia continua ad avere un ruolo di primo piano dopo la presidenza 2022 di Matteo Dell’Acqua. È Erika Rastelli, Chief People Officer di ARAN World, la nuova Vice Presidente di YES for Europe per il 2023.

 

D: Erika, sei stata appena eletta Vice Presidente YES for Europe per il 2023. Raccontaci quali sono i principali obiettivi e progetti dell’associazione che possono essere utili anche ai Giovani Imprenditori di Confindustria.

R: Raccolgo una eredità da Matteo Dell’Acqua che ha lavorato per accrescere la motivazione e il coinvolgimento dei Giovani Imprenditori verso Yes for Europe. È mio intento far sì che ciò che lui ha seminato porti i suoi frutti e contribuire alla prosperità e alla pace delle imprese del nostro continente. La Squadra di Presidenza di YES for Europe di quest’anno, guidata dai colleghi spagnoli, si è data obiettivi specifici, misurabili, raggiungibili, realistici.

Siamo consapevoli che più saremo capaci di coinvolgere coloro che conoscono tematiche e mercati europei, più lasceremo il segno con il nostro operato. Farò del mio meglio per ricoprire questo importante ruolo, con l’obiettivo di rafforzare il lavoro di squadra in vista delle grandi sfide che tutta l’Europa deve affrontare. A mio avviso quelle più importanti sono: favorire l’occupazione e una cultura imprenditoriale a livello europeo, migliorare le relazioni commerciali tra i Paesi Membri e promuovere la condivisione di idee di business, lavorare assieme pur sapendo di essere diversi, perché è nell’eterogeneità che un team diventa performante.

Voglio rafforzare la connessione tra giovani imprenditori europei attraverso le attività di network e il potenziamento della nostra comunicazione. Su quest’ultimo punto, penso che noi Giovani Imprenditori possiamo dare l’esempio, e contribuire a migliorare il posizionamento di Yes for Europe, integrando anche nuovi membri e assicurandoci che ogni Stato Membro dell’Unione Europea abbia una associazione imprenditoriale giovanile che lo rappresenti all’interno di YES.

Ci aspettano già tanti impegni internazionali dove vogliamo dare il nostro contributo, come il prossimo Summit G20 Young Entrepreneurs’ Alliance che si terrà in India a luglio e che affronterà temi caldi per l’imprenditoria giovanile alla luce dei grandi cambiamenti geopolitici e geoeconomici.

 

D: Come giovani imprenditori abbiamo sempre sottolineato che il mercato europeo equivale al nostro mercato domestico. Nella tua esperienza come imprenditrice in un settore chiave del Made in Italy, come valuti la performance delle imprese italiane nel mercato europeo e quali sono a tuo avviso i principali paesi partner dell’Italia?

R: Rispetto ai nostri colleghi europei avvertiamo più che mai la necessità di progetti di lungo orizzonte. Tutti amano l’Italia e amano il Made in Italy, i nostri clienti stranieri vestono Made in Italy, arredano le proprie case con prodotti Made in Italy, e noi dobbiamo essere fieri di essere ambasciatori di bellezza, eleganza e qualità. Grazie all’export siamo riusciti ad affrontare gli impatti economici di molte crisi ed è per questo che dobbiamo rafforzare la nostra presenza commerciale all’estero, a partire dall’Unione Europea.

Nessuno può vincere da solo e affrontare i nuovi assetti dello scacchiere internazionale, senza Europa sarebbe una follia. Tornando al Made in Italy, siamo consapevoli che le aziende italiane hanno ancora margine per migliorare ed essere più competitive: colmare il gap tra occupazione femminile e maschile, investire in digitalizzazione, sostenibilità e formazione, puntare sulla capitalizzazione delle Pmi, sono tra i punti principali su cui lavorare. L’economia, la politica e la società sono

sempre più oggetto di mutamenti rapidi e spesso difficili da interpretare e governare. Come imprenditori dobbiamo avere ancora una volta la capacità di “leggere” il momento storico, affrontare le criticità di questo tempo e favorire una crescita più inclusiva e sostenibile. Per farlo, dobbiamo rafforzare l’alleanza europea che ci porti ad avere una politica industriale comune a difesa della manifattura del nostro intero continente. Le imprese italiane – mattoni della società – preformano bene in Europa: in generale, Germania e Francia rappresentano storicamente i nostri principali partner commerciali, sia in termini di importazioni, sia in termini di esportazioni. Collaborare è quindi la parola d’ordine.

 

D: Grazie al tuo ruolo aziendale e istituzionale, hai avuto l’opportunità di conoscere molte realtà internazionali. Fare l’imprenditore in Italia è diverso rispetto a farlo in un altro paese europeo? Quali difficoltà riscontri rispetto ai tuoi colleghi europei?

R: Partiamo dicendo che ci è piaciuta l’Europa del Covid, più unita, ci è piaciuta un po’ meno l’Europa dell’energia, più divisa. Ora, nasce spontaneo sottolineare che se siamo davvero Paesi partner bisogna convergere sulla sfida della competitività, con meccanismi nuovi. Il Presidente Bonomi a Davos, ad esempio, ha lanciato l’idea di un fondo sovrano europeo che si occupi delle questioni più urgenti di politica industriale, per esempio delle terre rare. L’uso di strumenti come gli aiuti di Stato, che favoriscono maggiormente i Paesi che hanno spazi di manovra fiscale, non convince più. Basti pensare che nel 2022 gli aiuti di Stato autorizzati dall’Unione europea sono stati 540 miliardi, il 49,3% – quasi la metà – li ha utilizzati la Germania, il 29,9% la Francia e l’Italia solo il 4,7%. Bisogna quindi fare un grosso lavoro, dentro e fuori i nostri confini. Confido nel fatto che l’Italia diventerà più brava a fare squadra. La stabilità del Governo è un fattore chiave per avere interlocutori che possano avere il tempo di analizzare le nostre istanze e mettere a terra misure utili per l’economia del Paese.

Oggi ci preoccupa l’insieme delle sfide da affrontare: l’inflazione elevata, l’incertezza derivante dall’interpretazione delle norme fiscali, l’aumento dei prezzi delle materie prime, il Covid che persiste, l’energia con costi elevati, la fluidificazione di meccanismi atti a scaricare a terra i soldi del Pnrr, la tassazione elevata. Lavorando nella Commissione Affari Internazionali GI guidata da Alessandro Somaschini, ho avuto modo di constatare che fare l’imprenditore in Italia significa essere uomini e donne zelanti, resilienti che vogliono una comunità internazionale unita, giusta e prospera. Una comunità che ci permetta di esprimerci dando il meglio di noi stessi confrontandoci con franchezza, ed essendo allo stesso tempo innovativi e carismatici.

Rispondo a questa domanda dopo aver pranzato ospitando allo stesso tavolo clienti moldavi e russi: la cliente moldava mi spiegava che dal suo lato del tavolo si vedeva un sei mentre dall’altro lato del tavolo i colleghi russi vedevano presumibilmente un nove, e quindi avrei dovuto sedermi da entrambi i lati del tavolo per capire il loro punto di vista. Ecco, a questo tavolo clienti russi e moldavi hanno brindato insieme alla pace con del vino italiano, parlando russo per comprendersi, a significare che noi imprenditori se abbiamo amore e umiltà apriamo tutte le porte.

 

D: La pandemia ha sicuramente rinsaldato il sentimento di condivisione europeo e Next Generation EU ne è una dimostrazione. A livello industriale, quali pensi possano essere gli strumenti a supporto della competitività dell’intera industria europea?

R: Per recuperare competitività abbiamo bisogno di essere ascoltati, tanto in Europa quanto in Italia. In Europa, la reale sfida che abbiamo di fronte riguarda la competitività e l’autonomia industriale europea, in quanto ad esempio fatichiamo a trovare materie prime, mentre USA e Cina si stanno accaparrando diverse risorse in più continenti. Per fare un esempio, le aziende di ceramica italiane hanno bisogno di terre rare per produrre, un’azienda turca è avvantaggiata rispetto a noi perché già le possiede mentre noi dobbiamo acquistarle. Le nostre industrie sono di trasformazione e quindi, prendendo spunto dall’esperienza maturata in pandemia, si potrebbe valutare di usare anche per questo risorse europee trasversali, come il fondo sovrano europeo rilanciato da Ursula von der Leyen. Il Presidente Bonomi lo ha sottolineato a Davos, il fondo sovrano europeo dovrebbe essere finanziato con “Eurobond” e dovrebbe tenere conto delle necessità industriali a 360 gradi.

In Italia, penso che la parola chiave sia sostenibilità, tanto economica quanto sociale per affrontare le difficoltà dell’attuale periodo storico. Per questo, il taglio incisivo delle tasse sul lavoro è una priorità. Confindustria ha proposto un taglio da 16 miliardi del cuneo fiscale concentrato sotto i 35mila euro di reddito, due terzi a favore dei lavoratori, un terzo a favore delle imprese. Ciò significherebbe dare circa una mensilità aggiuntiva in busta paga al lavoratore. Tanti imprenditori hanno usufruito dell’innalzamento della soglia dei fringe benefit lo scorso anno supportando i lavoratori e le loro famiglie in questi mesi difficili per via di caro bollette e crescita dell’inflazione, ma ci rendiamo conto che non basta.

Noi imprenditori non siamo chiamati solo a prenderci cura delle nostre imprese, bensì del futuro dei nostri figli e delle nostre comunità. In quanto progettisti del futuro, in uno dei momenti più instabili e complessi della storia recente, guardiamo avanti con forza e ottimismo e avanziamo un centimetro alla volta. Se sostenibilità, nella sua accezione originaria e profonda, significa soddisfare i propri bisogni senza compromettere quelli delle generazioni future, chi meglio di noi imprenditori può, per propria natura, contribuire a realizzarla?