Quale impresa

INNOVAZIONE SOSTANTIVO FEMMINILE

COME UNA STARTUP INNOVATIVA PUÒ RIVOLUZIONARE IL MONDO DELLA CALZATURA DA DONNA

 

Stando all’ultimo rapporto del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) e Unioncamere, solo il 12,9% delle startup hanno una compagine societaria a maggioranza femminile.

Eppure, l’innovazione in rosa esiste e ci regala primati straordinari!

Ne parliamo con Veronica Crisafulli, giovane Founder e CEO di iHeel, che ha dato vita alla prima scarpa da donna con tacco regolabile nella storia del fashion.

Nell’anno in cui tutte le previsioni indicano un rimbalzo dell’economia con importanti percentuali di crescita, sulla scia del rilancio post-Covid, anche il mondo startup sembra possa godere del medesimo traino.

La fiducia nelle imprese sta crescendo e la fotografia dell’ultimo trimestre 2021, su startup e PMI innovative, indica un momento particolarmente proficuo e di grande fibrillazione. L’ultimo report stilato dal MISE insieme a Unioncamere, InfoCamere e il Rapporto del Fondo di Garanzia, redatto in collaborazione con Mediocredito Centrale, riporta dati che indicano la forte crescita delle nuove imprese improntate sull’innovazione: 14.032 unità in tutto, 540 più rispetto al trimestre precedente (+3,3%). Il 75,2% fornisce servizi alle imprese nei settori digitali, mentre il 16,4% è nel manifatturiero e il 3,1% nel commercio. In 2.600 casi le startup sono a prevalenza giovanile (under 35), con 4 punti di stacco rispetto al tasso riscontrato nelle nuove aziende tradizionali.

 

In questo quadro generale, qual è il ruolo svolto in Italia dal management femminile? Dobbiamo ammettere che i dati non risultano particolarmente incoraggianti. Come anticipato, la prevalenza femminile nelle compagini sociali si registra solo nel 12,9% delle startup, con incidenza relativamente inferiore rispetto alle altre società: un gap sociale sul quale è necessario riflettere e intervenire. Di questi e altri temi abbiamo parlato con Veronica Crisafulli, giovane Founder di iHeel Technology, prima startup al mondo ad aver brevettato una soluzione innovativa in grado di rivoluzionare il comparto manifatturiero e della calzatura.

 

D: Ciao Veronica, raccontaci questi due anni di emergenza pandemica nel settore del fashion.

Quali criticità e opportunità avete riscontrato?

 

R: Questi due anni di emergenza pandemica per il settore della moda si sono tradotti in due scenari. In primis, sono venuti a mancare molti dei requisiti base ai quali le aziende fanno riferimento: la chiusura e il lockdown hanno causato danni, talvolta irreparabili, per via delle attività commerciali chiuse. Questo, a catena, ha causato un calo di fatturato non indifferente, dovuto al congelamento delle attività produttive con stock e magazzini in subbuglio per le rimanenze in giacenza. Tutto un intero settore e i suoi relativi meccanismi sono stati compromessi e, purtroppo, molte aziende e brand non sono riusciti a sopravvivere.

In secondo luogo, invece, ogni momento di crisi può essere visto come un’occasione di apertura verso nuove opportunità. Infatti, proprio grazie a questa situazione, c’è stata una forte presa di coscienza del settore sull’“approccio digitale”: sono state create le prime sfilate della storia totalmente online, ampliati molti e-commerce e lanciati showroom totalmente in 3D. Questo trend sta tutt’ora maturando: molti grandi marchi come Gucci, ad esempio, hanno creato i loro terreni nel Metaverso, altri hanno lanciato le loro collezioni di NFT, come Hèrmes o Jimmy Choo, legati a collezioni in edizione limitata. Insomma, come ci insegna la storia, per chi è stato in grado di guardare avanti si sono aperti nuovi orizzonti di scoperta e di business.

 

D: A soli 22 anni hai ideato il primo tacco regolabile al mondo, un orgoglio tutto italiano. Qual è stato il tuo percorso?

 

R: La mia avventura imprenditoriale inizia a 22 anni. Dopo una lunga esperienza vissuta nel campo delle calzature a Londra, mi sono resa conto che le donne di tutto il mondo, durante la loro quotidianità, vivono un enorme disagio legato all’utilizzo dei tacchi e che la maggior parte di loro desidera una calzatura adattabile ai propri impegni. Ciò rappresenta una domanda latente non soddisfatta ed una reale richiesta d’innovazione, causata da un approccio ripetitivo e tradizionalista la cui massima espressione si è tradotta nella ricerca di materiali più sostenibili, trascurando, però, i bisogni dei consumatori. Non è un caso, infatti, che il segmento di mercato delle “sneakers” negli ultimi anni sia incrementato vertiginosamente.

Ecco perché abbiamo sviluppato la tecnologia iHeel. Dopo numerosi tentativi sulla prototipazione di tacchi retrattili in legno, abbiamo realizzato il nostro primo pivot nel 2018 e iniziato a lavorare su un tacco telescopico per differenziarci dagli altri competitors che avevano sviluppato scarpe dal tacco intercambiabile manualmente, obbligando, pertanto, il cliente a staccare e attaccare i tacchi ogni volta.

Successivamente, nel nostro progetto, un importante passo in avanti è stato compiuto nel 2019 quando siamo stati selezionati dal Cercal Lab, un centro di ricerca e sviluppo calzaturiero situato nel distretto di San Mauro Pascoli (polo dei più importanti brand del lusso Made in Italy, lì hanno sede: Sergio Rossi, Giuseppe Zanotti, Gianvito Rossi, Casadei, Pollini…, ndr). Con i loro tecnici, abbiamo lavorato soprattutto sulla parte strutturale della scarpa, raggiungendo grandi risultati e rivoluzionando il nostro approccio produttivo.

 

D: Attività di ricerca e sviluppo e l’incontro con grandi maestri del settore vi hanno condotto a sviluppare un’innovazione unica al mondo: in che modo avete “re-inventato” la scarpa?

 

R: Ciò che contraddistingue iHeel dalle altre invenzioni è il processo che rende sia l’arco plantare che il tacco, di una qualsiasi scarpa da donna, due strutture mobili e non più fisse. Le altezze di quest’ultimo variano da un minimo di 5cm ad un massimo di 7cm, con possibilità di intermedia 6cm, oppure da 7cm a 10cm, con possibilità di intermedia a 8.5cm (in fase di sviluppo). Un traguardo mai raggiunto nella storia del nostro settore. Noi ce l’abbiamo fatta e vogliamo rendere disponibile questa tecnologia alle aziende che sono in cerca di nuovi stimoli, opportunità commerciali e prodotti più sostenibili.

Il meccanismo si attiva attraverso un pulsante posto nella parte interna del tacco, è completamente personalizzabile ed è testato per reggere oltre 400kg (per paio). Chi ha avuto modo di provare i nostri primi modelli è rimasto sbalordito dal fatto che non si percepisca alcuna differenza con il variare di altezza e questo è un ulteriore, enorme, traguardo per noi, nonché una grande soddisfazione. Anche il feedback delle prime grandi aziende con cui abbiamo parlato è stato positivo e sono sicura che il primo brand che si inserirà in questo nuovo mercato, oltre ad affermarsi come innovatore, sarà agevolato rispetto ai tanti che, invece, continueranno a competere in un mercato già saturo, continuando a creare prodotti molto simili tra loro.

Sono dell’idea che anche le nostre scarpe debbano evolversi e stare al passo con i tempi, esattamente come fanno gli altri oggetti attorno a noi.

 

D: Cosa pensi del dato citato in apertura in merito all’imprenditoria al femminile? Qual è la tua percezione nel settore della moda e dell’innovazione e quali gli scenari futuri?

 

R: Riguardo l’imprenditoria femminile, non sono una di quelle persone che osanna le donne solo perché tali, per me siamo tutti uguali ed evidenziare continuamente questa problematica non fa altro che accentuare la disuguaglianza. Sicuramente, al momento attuale, vi è una maggior attenzione al tema ed è un trend destinato a crescere. Ovviamente, è opportuno abbandonare i luoghi comuni legati al ruolo delle donne nel mondo del business ed è necessaria una maggiore formazione finanziaria e aziendale. Ritengo, inoltre, che il ruolo della donna all’interno di un ecosistema possa apportare grande arricchimento, umano e manageriale.

Purtroppo, nel corso della storia, ci hanno insegnato il contrario ed è giusto, oggi, far valere il nostro carisma e carattere per dimostrare chi siamo veramente e cosa siamo capaci di fare. In conclusione, credo sia necessario valorizzare le donne, in generale, nel mondo del lavoro, dando loro maggiori responsabilità: farle crescere professionalmente potrebbe portare notevoli vantaggi a tutta l’attività, incrementando le prestazioni da una parte e migliorando reputazione e morale dall’altra.