
TRA RICADUTE ECONOMICHE E MISURE A TUTELA DELL’INDUSTRIA EUROPEA
Intervista alla Vice presidente del Parlamento Europeo, On. Giuseppina Picierno.
La guerra russo-ucraina è piombata nell’agenda europea costringendo l’UE ha ridefinire logiche e priorità sul piano politico, militare ed economico-industriale.
Il precipitare degli eventi ha infatti accentuato i nodi della lenta ripresa del sistema produttivo europeo, con particolare riguardo alla crisi energetica, creando un effetto boomerang sulle imprese. Secondo quanto rilevato dal Centro studi di Confindustria, nella sola economia italiana si registra un forte rallentamento produttivo dell’industria, con dati di produzione in forte caduta a gennaio -1,3%, dopo -0,7% a dicembre, dovuti al caro-energia (elettricità +450% a gennaio 2022 su gennaio 2021) e al rincaro delle altre commodity che comprimono i margini delle imprese, comportando una perdita stimata del PIL di circa lo 0,7% (dati ISTAT).
Spostando il focus sull’Europa, secondo l’OCSE la guerra in Ucraina ha cancellato in media 1,4% del Pil europeo del 2022, penalizzando principalmente Lituania e Grecia (con una perdita di quasi 2,5 punti di Pil) e Ungheria, Portogallo, Polonia, Austria (con una contrazione pari al 1,4% del Pil atteso).
L’Unione europea è chiamata così ad adottare nuove logiche e metriche comuni per affrontare la nuova crisi in modo coeso e concertato, assumendo una rinnovata unità anche in un’ottica di politica economica e industriale.
Parliamo del ruolo dell’Unione europea nella gestione della crisi russo-ucraina con l’On. Giuseppina Picierno, Vice Presidente del Parlamento europeo.
D: Qual è il ruolo che l’Unione europea ha assunto nella gestione della crisi russo-ucraina?
L’Unione Europea si è mostrata coesa, compatta e reattiva nel sostegno all’Ucraina e nella condanna netta e intransigente all’aggressione militare della Russia. In particolare, ritengo fondamentale la risoluzione votata l’1 marzo dal Parlamento Europeo per chiedere l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione. L’ampia convergenza degli europarlamentari verso questa richiesta è un segnale carico di significato, ma anche un atto sostanziale a difesa di un Paese attaccato perché vuole aderire ai valori della demo crazia e del liberalismo. L’Europa ha mostrato una fortissima determinazione anche nella definizione delle sanzioni che sono andate a colpire i gangli vitali dell’economia russa. Un’unità di intenti che segna un vero e proprio spartiacque, che può costituire un’opportunità che nasce in uno scenario di crisi per cementare un’identità europea intorno ai valori fondamentali che ne animarono il progetto originario. Lo Stato di diritto e la collocazione nell’alleanza atlantica sono il fulcro di quanto sta accadendo e l’Unione ha saputo cogliere gli aspetti più significativi di questo passaggio storico, per posizionarsi nel modo più adeguato e con i tempi giusti.
D: Alla luce delle ricadute economiche che la crisi sta generando sull’economia europea, quali sforzi sta mettendo in atto l’Europa in termini di politica industriale?
Il tema centrale è certamente quello legato agli approvvigionamenti energetici, che necessitano di una profonda rivisitazione e diversificazione. Non possiamo restare così ancorati alle forniture russe e questo aspetto negli anni scorsi probabilmente è stato preso sotto gamba. Dobbiamo svincolarci dal legame con la Russia, ma per farlo servono soluzioni concrete e percorribili a breve termine. In particolare l’Italia deve riprendere il procedimento per la realizzazione del gasdotto Eastmed, in grado di portare gas all’Europa sul tracciato Israele, Cipro, Grecia, Italia, con approdo in Puglia. Nel complesso a livello comunitario è oggi ancor più urgente che mai sviluppare un ‘Green New Deal’, che consenta di investire massicciamente sulle energie rinnovabili, procedendo a una decarbonizzazione dei segmenti industriali. La green economy non deve restare nella sfera delle dichiarazioni di intenti, anche perché può effettivamente aprire una nuova stagione di sviluppo per l’Europa, grazie a processi di riconversione che consentano di creare nuova occupazione e di modernizzare componenti importanti delle nostre economie.
D: Come valuta la proposta di lanciare bond europei su vasta scala per finanziare le spese dell’energia e della difesa?
Si tratta di una proposta di buon senso, che permetterebbe di accelerare processi di cui si discute da tempo. Oggi è chiarissimo a tutti come l’Unione abbia bisogno di meccanismi per organizzare una difesa integrata e di un esercito comune. Forse si è pensato che si trattasse di questioni marginali, ma il tragico impatto di quanto sta accadendo in Ucraina ha mostrato di come sia una priorità politica. I bond europei possono rappresentare uno strumento finanziario per assicurare un approccio unitario ed efficace, anche per liberarci dai vincoli energetici che ancora ci tengono legati alla Russia. L’Unione Europea deve disegnare prospettive ambiziose, essere più coraggiosa, scrollandosi di dosso un po’ di burocratismo e ragionare con una visione sempre più squisitamente politica. Ci vogliono più idee che sappiano volgere lo sguardo in prospettive e meno somme di parametri o logiche ragionieristiche.
D: Alla luce degli strumenti e delle modalità di gestione della crisi messe in atto, quali proposte si potrebbero avanzare per rafforzare l’Unione europea in termini di politiche industriali ed economiche?
Occorrono strumenti che possano velocizzare i processi decisionali, in grado di incidere subito sull’economia reale. Ma c’è anche una sfida da vincere sul terreno dei diritti, a partire da un diverso approccio culturale. Mi riferisco in particolare alla partecipazione delle donne alla vita economica, rimuovendo gli ostacoli e le barriere all’accesso che ne limitano la presenza nelle posizioni apicali di grandi aziende e istituzioni. Alcuni miglioramenti negli ultimi anni si sono registrati, ma la strada è ancora lunga. L’empowerment femminile è una questione fondamentale di civiltà e, in più, assicurerebbe anche un salto di qualità sotto il profilo della produttività. È ormai dato assodato che una maggiore presenza delle donne ai vertici consenta di incrementare complessivamente le performance e la produttività.