
Docente, manager e oggi imprenditrice, Chiara Burberi ha reso le materie STEM accessibili e divertenti. Nel 2013 fonda Redooc.com, una piattaforma di didattica digitale dalla scuola dell’Infanzia all’Università, che, attraverso la gamification, ripensa il modo di apprendere le competenze di base, affinché ognuno possa imparare con i propri modi e tempi.
Matematica, ma anche italiano, inglese, coding, educazione finanziaria, giochi di logica, laboratori di futuro e di sostenibilità. Perché hai deciso di fondare Redooc?
Avevo voglia di impegnarmi in qualcosa di concreto, in chiave di give back e di impegno per il mio Paese. A metà 2012 l’indagine Ocse PISA dava gli adolescenti italiani sotto la media nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering, Math). Ma la matematica è la base dello sviluppo tecnologico, ho subito pensato, è la grammatica di base e serve al Paese di domani più che mai. Perché così poco interesse verso queste materie? Perché nella scuola non è accaduto niente. Rispetto ad un secolo fa o a quando ognuno di noi è stato a scuola, è cambiato poco e niente, tranne l’aumentata la carta negli zaini.
Mentre per i ragazzi?
Per loro è cambiato tantissimo. I bambini usano lo smartphone prima ancora di parlare e poi li catapultiamo in una scuola del medioevo. Siamo nel 2020! Sono nati in un nuovo millennio e continuiamo a tenerli ancorati ad abitudini, tradizioni e stereotipi del secolo passato, alla riforma della scuola che ormai compie un secolo!
Quali stereotipi?
Intanto, quelli legati alla matematica. In Italia, quasi con orgoglio sento dire ‘io non la capisco’. E spesso sono proprio le mamme a dire alle bambine che va bene così e non bisogna sforzarsi. Questo accade perché un secolo fa si è deciso di privilegiare un certo tipo di scuola, più tradizionale, rigorosa, basata sulla cultura del passato e sulle tecniche di memorizzazione. Un metodo che porta con sé il rischio di non imparare davvero, non interiorizzare, e di dimenticare velocemente tutto.
Ci voleva la pandemia per sdoganare l’education online?
È brutto dirlo, ma è vero. Da qui a pensare che esista una strategia dell’educazione, direi proprio di no. Non è nell’agenda politica italiana e lo vediamo perché tutto il dibattito è sui distanziamenti, le mascherine e i tavoli con le rotelle. Nessuno parla di competenze, di ripensare i programmi scolastici o di abbandono scolastico, che in Italia registra già numeri tremendi.
Dunque, cosa dovrebbe fare la scuola per formare le generazioni del futuro?
La scuola dovrebbe educare, non istruire. Dovrebbe far emergere i talenti nascosti, non rendere tutti uguali. Il talento è anche opportunità e fortuna, però ce l’hai dentro. La scuola dovrebbe dare l’opportunità ai ragazzi e alle ragazze di tirare fuori i propri talenti, piccoli o grandi che siano, sono pur sempre unici e meravigliosi. Non possiamo dire che è un talento essere veloci in matematica: sii pure lento, se sei un bravo pensatore, un pensatore logico e strutturato, prenditi il tempo che vuoi. I grandi matematici, ad esempio, sono pensatori lenti.
Come è possibile abbandonare la zona di comfort della matematica, soprattutto per le ragazze?
Nessuno nasce negato, ma può essere convinto di non essere in grado. I talentuosi sono pochi, come chi ha l’orecchio assoluto o Umberto Eco, che è uno solo. Il talento eccezionale è raro, anche in matematica. Per questo motivo non dobbiamo pensare che esista solo il bianco o il nero, abbiamo un fantastico mondo di grigi. Ad esempio, io non rinuncio a giocare a tennis, anche se non andrò mai a Wimbledon: mi diverto e questo basta. Perché dovrei rinunciare alla matematica, visto che conoscerla è utile anche nella vita quotidiana?
È un invito a riconsiderare anche il tema del fallimento?
Esattamente. Sbagliare e imparare con i propri modi e tempi è un concetto montessoriano, apparentemente dimenticato in Italia, recuperato nella Silicon Valley dove l’errore è un valore. In altre parole, un 4 in matematica è un brutto voto e basta, non vuol dire che sei negato. È normale sbagliare, si impara molto di più dagli errori, non ti accorgi quasi delle cose fatte bene. Sugli errori invece ci pensi, ci rifletti, sono la base del miglioramento.
Cosa fare per le ragazze e i ragazzi che hanno avuto l’opportunità di nascere oggi, circondati dalle tecnologie e immersi nella rete?
Dobbiamo lasciar fare a loro. I giovani non sono ascoltati abbastanza in Italia. Noi umani, a qualunque età, impariamo sperimentando e divertendoci. Per questo in Redooc crediamo nella forza del gioco, valida per tutte le età, e dedichiamo massima attenzione ai bisogni educativi speciali. È importante mettere in pratica i propri talenti!
E qual è il talento di Chiara Burberi?
Pensavo di non avere talenti, ho passato una vita a cercare il mio. Qualche anno fa, invece, mio marito mi ha aperto un mondo dicendo che il mio talento è proprio sapere imparare. Ed è vero, sono una persona curiosa, come mio padre, e amo la concretezza. Mi piace l’idea che si realizzino le cose. Ma le idee vanno stimolate, serve energia e dedizione. Da questo punto di vista, McKinsey è stata una grande scuola: ho capito l’importanza della matematica e il valore dell’impatto.
Che imprenditrice sei?
Cerco di tirar fuori qualcosa da tutti, di imparare dalle persone e da ogni situazione. Sono convinta che ogni giorno devi metterti in discussione, è una fatica, ma questo ti porta a fare sempre meglio. Da imprenditrice poi, sono molto attenta al cliente e penso continuamente a come migliorare il prodotto che offro. Credo inoltre che sia fondamentale unire le forze, le capacità e costruire la squadra, come il team Redooc: piccolo, ma eccezionale.
Nella tua carriera, hai individuato qual è il profilo del leader?
Ho sempre creduto nel leading by example: devi essere tu il meglio che vorresti vedere negli altri. Io, ad esempio, non sono mai contenta, nel modo più genuino. Non mi accontento mai. Penso che la leadership sia anche questo.
Ai giovani imprenditori e a chi sta sognando di creare una nuova impresa, cosa diresti?
Di non mollare mai! Abbiamo bisogno di giovani e di aziende. Ed è importante fare sistema e collaborare per generare valore e dare migliori opportunità a tutti. Sono certa che i giovani imprenditori faranno cose che non immaginiamo neanche. E faranno dell’Italia un Paese bellissimo e sostenibile. Ad majora