Quale impresa

LE AZIENDE ITALIANE TORNERANNO A COMPETERE NEL MERCATO GLOBALE?

LIMITI, PREGI E OPPORTUNITÀ DELLA LEGGE DI BILANCIO 2022

 

In un’era di incertezza sulle tempistiche di ripresa del nostro Paese mai come ora il governo italiano ha il dovere di interpretare correttamente le opportunità e l’obbligo di riversarle sulle aziende, vero motore del Paese.

Il nostro Direttore Generale, Francesca Mariotti, ha sintetizzato per noi alcuni punti focali della Legge di Bilancio 2022. Bussiamo al suo ufficio per entrare nel dettaglio.

 

LEGGE DI BILANCIO

D: È in vigore la Legge di Bilancio 2022: possiamo chie­derle una valutazione generale delle principali misure contenute nella Legge?

La manovra di bilancio per il 2022 ha avuto un’intona­zione espansiva, muovendo quasi 37 miliardi di euro di cui oltre 25 di maggiori spese soprattutto di natu­ra corrente. È stata peraltro finanziata in deficit per quasi due terzi; quest’anno ci attendiamo dunque un rapporto deficit/PIL al 5,5% che dovrebbe ridursi al 3,9% nel 2023 e poi ancora al 3,2% l’anno successivo, anche per effetto di un’auspicabile crescita economi­ca lungo il triennio.

Le priorità di intervento del Governo hanno riguar­dato la riduzione della pressione fiscale, il riordino degli ammortizzatori sociali, il rafforzamento della sanità.

Nel complesso, però, è stata una manovra che ha guardato poco alla crescita duratura.  Se, da un canto, va dato atto di importanti conferme, so­prattutto sul fronte degli investimenti privati, dall’altro, abbiamo registrato la carenza di misure realmente inci­sive per le imprese capaci di dare slancio all’economia del Paese.

Sono mancate soprattutto risposte, sia di breve respi­ro, sia in chiave strategica a medio termine, su alcune emergenze che le imprese stanno vivendo, tra cui l’au­mento del costo delle materie prime, il caro bollette e la necessità di continuare a sostenerne la liquidità.

Anche con riferimento agli investimenti innovativi e alla ricerca, la manovra ci è apparsa a tratti insufficiente e mal coordinata. La condivisibile conferma degli incentivi 4.0 e di quelli per l’adeguamento sismico ed ambientale degli edifici, si è accompagnata ad azioni in netta contro­tendenza rispetto alle grandi transizioni in corso.

Penso, ad esempio, alla soppressione del c.d. patent box: è emblematico che il nostro Paese abbia deciso di cancellare un regime agevolativo di tassazione che dal 2015 mirava stabilmente a premiare l’utilizzo dei beni immateriali e a favorirne, dunque, la registrazione e valorizzazione in Italia.

Chiuso il capitolo dalla manovra, in questo inizio d’an­no abbiamo subito ripreso il lavoro sui provvedimenti successivi per aumentarne le luci e ridurne le ombre.

Dobbiamo rapidamente creare le condizioni per assi­curare la tenuta del sistema economico e delle migliori prospettive di crescita, in uno scenario che si sta facen­do sempre più complesso. La risalita del PIL italiano ha iniziato a manifestare segni di rallentamento già a fine 2021. Gli attuali prezzi abnormi dell’energia – che stanno erodendo i margini delle imprese – la scarsità di commodity e l’aumento dei contagi, sono tutti fattori che congiurano per rallentare la crescita già nel 1° trimestre di quest’anno.

Il nostro Centro Studi Confindustria stima pari ad almeno -0,8% l’impatto del caro-energia sul PIL del 2022.

Sono molte le aree in cui possiamo e dobbiamo agire per rimanere sul sentiero di crescita. Uno dei can­tieri appena aperti e che può avere cruciale impor­tanza per le imprese è quello della riforma fiscale.

In realtà, già la manovra di bilancio avrebbe dovu­to portare interventi più incisivi di riduzione del­la pressione fiscale sulle imprese, interventi che Confindustria aveva sollecitamente proposto al Governo (penso alla riduzione del cuneo contribu­tivo e a un definitivo e generalizzato superamento dell’Irap). I tempi erano e restano maturi anche per forme strutturali di ristoro delle perdite e di soste­gno all’indebitamento delle imprese esploso per effetto della pandemia. Penso, per rimanere nel perimetro fiscale, a misure di carry-back delle per­dite, che sono state sollecitate anche nel contesto comunitario, o ad una revisione della disciplina di deducibilità degli interessi passivi.

Quanto abbiamo visto finora, anche attraverso la manovra di bilancio, è stato invece un abbozzo di riforma incentrato sulla tassazione delle persone fisiche, e questo sia per quanto concerne l’Irpef, sia per gli aspetti Irap.

Confindustria ha elaborato proposte ulteriori, pen­sate dalle imprese e per le imprese, che ci auguria­mo possano trovare considerazione e sviluppo nel percorso di attuazione della legge delega fiscale, se a questa si vorrà realmente attribuire il ruolo di strumento per superare gli annosi problemi strut­turali che il nostro sistema tributario manifesta.

 

D: Quali sono le opportunità che le imprese possono co­gliere? Quali i segnali positivi della manovra?

Come detto, senza dubbio, la conferma del Pia­no 4.0. La Legge di Bilancio 2022 proroga, infatti, seppur con intensità diverse, fino al 2025 il credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali materiali e immateriali 4.0. Questo consentirà alle imprese una più agevole programmazione degli in­vestimenti. A corollario di questi interventi appaio­no positivi anche i chiarimenti diffusi il 31 dicembre scorso dalla Ragioneria Generale dello Stato sui profili di cumulo delle misure agevolative adottate nell’ambito del PNRR.

Resta invece da risolvere con urgenza la questio­ne dei ritardi nelle consegne dei beni ordinati nel 2021, anch’essa legata alla scarsità dei materiali e ad alcuni fermi produttivi. Si rende necessaria una proroga del termine di consegna ai fini dell’agevo­lazione, attualmente fissato al 30 giugno 2022, per non penalizzare le imprese che hanno tempestiva­mente pianificato gli investimenti e i fornitori che non riescono a rispettare le scadenze contrattuali per ragioni indipendenti dalla loro volontà.

Vanno valutati positivi nel complesso anche l’am­pia estensione temporale (in alcuni casi fino al 2031) del credito di imposta per attività di ricer­ca, sviluppo e innovazione e lo spazio nel capitolo investimenti, dedicato alla proroga dei bonus del comparto edilizia.

Il quadro che emerge – dal pur complesso scena­rio normativo – è quello di incentivi rinnovati fino al 2024 o 2025, con diversi ambiti di applicazione e meccanismi di decalage.

Positivo, inoltre, in quanto accoglie una specifi­ca richiesta di Confindustria, l’innalzamento del limite annuo per le compensazioni dei crediti fi­scali, portato, a regime, a due milioni di euro: è un significativo passo avanti nel sostegno alla liquidità delle imprese rispetto al precedente limite, fissato a 700.000 euro.

 

 

D: Una criticità che si poteva risolvere meglio?

Sul piano della tassazione delle imprese è stato ap­prezzabile il rinvio al 2023 dell’entrata in vigore di plastic e sugar tax; tuttavia, Confindustria è sempre stata ferma nel sostenere il superamento definitivo di queste imposte che, sin dalle prime battute, han­no evidenziato numerose criticità e sollevano forti perplessità sulla loro opportunità e adeguatezza nel raggiungere gli obiettivi etico-ambientali e di gettito per cui sono state ideate. La struttura delle due imposte, teorizzata nel 2019, non appare alline­ata con le riflessioni avviate in ambito europeo e con le linee di intervento di riforma nazionale che hanno seguito il recente periodo emergenziale.

Ma, soprattutto, estremamente penalizzante e con­trario ai principi di certezza del diritto e legittimo affidamento è l’intervento operato sulla disciplina di rivalutazione di beni e riallineamento di valori fi­scali, introdotta nel 2020 dal c.d. DL Agosto.

La nor­ma del 2020 attribuiva alle imprese (sia soggetti IAS che OIC) la possibilità di riallineare i valori civilistici e fiscali dell’avviamento e delle altre attività imma­teriali risultanti dal bilancio, mediante il versamen­to di una imposta sostitutiva delle imposte sui red­diti pari al 3%.

La recente Legge di Bilancio 2022, invece, derogando al regime fiscale ordinario degli ammortamenti, ha previsto una durata del relati­vo processo (50 anni) che diluisce eccessivamente i benefici fiscali di cui al citato DL Agosto (salvo il versamento di una ulteriore imposta sostitutiva tra il 12% e il 16%). Si tratta di un intervento, avente per giunta effetti retroattivi, che incide in maniera signi­ficativa sui calcoli di convenienza fiscale delle im­prese.

Anche questo è un tema che anima il dibattito dottrinale e le richieste degli operatori delle ultime settimane e sul quale ci attendiamo un deciso e ri­solutivo intervento correttivo. Infine, come accen­navo, il cambio di passo sulle misure per sostenere la ricerca, quanto mai fondamentale per raggiun­gere gli obbiettivi di compatibilità ambientale che ci siamo dati.

 

D: Le imprese rilevano una maggiore attenzione nei confronti di partite iva e ditte individuali/microim­prese. È così? Quali sono le misure a sostegno delle medio-grandi imprese?

Come spesso accade, i molti correttivi approvati in sede parlamentare alle manovre di bilancio sono stati condizionati da localismi e portate micro-setto­riali. Tutto ciò va a discapito di azioni di ampio respiro su alcuni nodi fondamentali del nostro sistema pro­duttivo, che prescindono, invece, dalle dimensioni e dai settori di riferimento, e che sono ancor più neces­sarie e strategiche in una fase in cui va confermato il massimo supporto trasversale alle imprese.

Ad esempio, sono deboli le misure di sostegno alla liquidità: andrebbe facilitato l’accesso a nuovi finan­ziamenti, a condizioni di favore, e consentita la rine­goziazione delle posizioni in essere. Invece, la Legge di Bilancio ha depotenziato alcune misure previste dal DL Liquidità 2020, come nel caso del ripristino delle commissioni di garanzia a partire da aprile.

Come ho anticipato mancano ancora misure incisive di riduzione della pressione tributaria sulle impre­se: vi è stato un intervento sull’Irap che, però, attiene alle sole persone fisiche esercenti attività commer­ciali, arti o professioni, precedentemente tenute al pagamento del tributo solo in specifiche condizioni (cioè a fronte dell’esercizio abituale di un’attività au­tonomamente organizzata).

Bene, invece, aver prolungato la vigenza degli in­centivi sugli investimenti come misure generali: in relazione a queste valuteremo nei prossimi mesi gli spazi per ulteriori miglioramenti e potenziamenti in termini di maggiorazione di aliquote e massimali di credito di imposta (penso soprattutto al comparto delle misure a sostegno di R&S).

 

 

PNRR

D: Abbiamo raggiunto i primi 51 obiettivi: quali miglio­ramenti potremo toccare con mano nel 2022?

L’Italia ha rispettato l’impegno a conseguire i cin­quantuno traguardi e obiettivi programmati entro il 31 dicembre 2021. È la dimostrazione che il sistema Paese ha le capacità per tener fede agli impegni as­sunti.

La stragrande maggioranza di questi obiettivi e tra­guardi serve a creare il contesto per la complessiva e puntuale realizzazione del Piano: dalla costruzione del sistema di governance alla semplificazione del­le procedure in materia ambientale ed energetica; dalla semplificazione e digitalizzazione nei processi di reclutamento della PA all’avvio della riforma del Codice dei contratti pubblici. Fondamentale anche la riforma avviata in tema di giustizia civile, per ga­rantire una durata ragionevole dei procedimenti e l’uniformità delle prestazioni in tutti i tribunali.

In questi primi mesi del 2022 occorrerà verificare, anzitutto, la puntuale messa a terra di questi inter­venti, che richiedono una collaborazione leale tra i diversi livelli di governo, una burocrazia attenta ai bisogni di cittadini e imprese, una capacità di dialogo seria e costante tra decisori pubblici e società civile.

Ciò dovrà essere accompagnato da una migliore circolazione di dati e informazioni, tempistiche più celeri nella costituzione e nell’avvio delle strutture amministrative essenziali per la realizzazione del Piano, un maggiore coinvolgimento delle forze eco­nomiche e sociali nelle scelte di fondo.

In proposito, il Tavolo permanente per il partenaria­to economico, sociale e territoriale e i tavoli istituiti a livello settoriale dovranno sempre più assumere un ruolo costante ed efficace per il monitoraggio, lo scambio di buone pratiche e la segnalazione di criticità.

 

 

ENERGIA

D: Tra i grandi risiko del 2022 c’è la questione energe­tica e l’aumento dei prezzi dell’energia che potreb­be costringere molte imprese alla chiusura. Cosa ci aspetta e come possiamo affrontarlo al meglio?

Gli effetti negativi del caro energia non riguardano soltanto il sistema produttivo italiano, esposto al rischio di una forte contrazione della capacità pro­duttiva dei settori energy intensive che, come detto, potrebbe tradursi in un -0,8% sulla crescita del PIL, ma il Sistema Paese nel suo complesso, per i pos­sibili effetti strutturali sulla bilancia commercia­le, che costituisce uno degli elementi più rilevanti a garanzia del debito pubblico italiano sempre più elevato.

La serietà del problema dei costi energetici va esa­minata da diversi angoli prospettici. Il nostro Paese, che è povero di materie prime e quindi importatore netto delle stesse, ha saputo colmare questo gap implementando da tempo dinamiche strutturali di economia circolare proprio grazie all’industria e in particolare ai settori energy intensive, che attra­verso il riciclo sono capaci di valorizzare le risorse naturali, raggiungendo performance ambientali e di sostenibilità tra le più alte al mondo, che è fonda­mentale preservare.

Per queste ragioni, di fronte a picchi di aumento dei prezzi di energia elettrica e gas, rispettivamente, di oltre il 400% e del 600%, Confindustria ritiene necessario adottare misure urgenti e dagli effetti strutturali, similmente a quanto fatto da Francia e Germania.

Il Presidente Bonomi a nome di Confindustria ha esposto al premier Draghi le seguenti linee di in­tervento:

  • aumentare la produzione nazionale di gas natura­le destinata, attraverso contratti a lungo termine, ai settori industriali più esposti al rischio di de­localizzazione per effetto della concorrenza a li­vello internazionale. Si tratta di una misura di ca­rattere strutturale che riteniamo rilevante anche in relazione ai rischi geopolitici a cui è esposto il Paese con la crisi ucraina. Oltre il 50% del gas consumato in Italia proviene dalla Russia;
  • utilizzo dell’energia rinnovabile incentivata e consegnata dai produttori al GSE (Gestore Ser­vizi Energetici) per forniture a prezzi calmierati ai settori elettro-intensive, si tratta di una misu­ra non diversa da quanto fatto dalla Francia con analoga cessione di energia elettronucleare al valore di 42,6 €/Mwh rispetto a prezzi di mercato che hanno raggiunto i 250 €/Mwh;
  • utilizzare le aliquote massime di abbattimento delle componenti parafiscali della bolletta elet­trica per i settori energivori consentite dalla normativa europea e dall’Energy Toobox contro il caro energia, pubblicato dalla Commissione europea lo scorso 26 ottobre. La Germania sta già applicando in modo strutturale le aliquote di sconto massimo previste.

Come vedete le idee e le soluzioni non mancano, ma è ora il momento di metterle in pratica.