
Mille delegati, fra imprenditori e manager, facenti parte dei Paesi del G20 riuniti per portare un contributo nel progettare il mondo di domani. Questo, in sintesi, è il B20. Abbiamo intervistato Barbara Beltrame Giacomello, Vice Presidente Confindustria e Chair della Task Force Trade & Investment.
Partiamo subito dall’attualità e dal lavoro del B20 Italy condotto da Confindustria. Quali sono le principali proposte, in particolare della Task Force Trade&Investment che ha guidato?
La mia task force è stata di gran lunga la più partecipata, con oltre 140 membri e ben otto autorevoli co-chairs scelti fra le principali realtà industriali e associative dei paesi G20. Non è stato semplice conciliare le diverse posizioni e sensibilità, ma grazie alla nostra capacità di essere, al contempo, inclusivi ma chiari nel livello di ambizione e di concretezza a cui tendevamo fin dall’inizio, siamo riusciti con successo a focalizzarci sulle principali priorità dell’agenda globale formulando proposte di grande impatto e, soprattutto, misurabili attraverso una metrica di KPIs (Key PerformanceIndicators).
Fra esse ricordo, in primo luogo, quella di superare le tendenze protezionisti che, in particolare quelle relative alla
produzione e distribuzione dei vaccini anti-Covid e altri beni essenziali, favorire l’efficienza e la resilienza delle cate- ne globali del valore, anche sostenendo una maggiore partecipazione delle piccole e medie imprese e dei paesi meno sviluppati, favorire la digitalizzazione dei processi, aumentare il sostegno della finanza per l’export, associare gli investimenti internazionali alle nuove priorità ambientali e riformare l’Organizzazione Mondiale del Commercio. Quest’ultima, in particolare, riveste carattere realmente urgente ed è intrinsecamente funzionale al raggiungimento di tutti gli altri obiettivi.
È stato un G20 complesso per l’Italia, caratterizzato da un contesto internazionale molto articolato. Quali sono a suo avviso i principali traguardi raggiunti e quali le sfide che le prime 20 economie del mondo dovranno affrontare nel breve periodo?
L’integrazione commerciale e gli investimenti diretti esteri sono stati per decenni il motore della crescita economica globale. Tuttavia, da diversianni i flussi hanno subito unrallentamento. Il quadro è stato esasperato dalla pandemia, che ha causatoun’enorme contrazione nel 2020 sia degli scambi commerciali (-9,2%) chedegli investimenti (-42%). Più volte negli anni scorsi, il richiamo del B20 a rafforzare la collaborazione fra governi era rimasta inascoltata e il ricorso a soluzioni unilaterali o nazionalistiche non aveva fatto altro che aggravare i problemi. L’emergenza sanitaria ha mostrato chiaramente i limiti di questo approccio, dimostrando che la soluzione multilaterale è l’unica via per ottenere una crescita economica condivisa e sostenibile.
La globalizzazione e la governance globale hanno apportato enormi benefici alleviando milioni di persone da condizioni di povertà estrema. Tuttavia, da anni l’Organizzazione Mondiale del Commercio è incapace di rimanere al passo con l’agenda globale ed affrontare questioni sempre più dirimenti, come il commercio digitale, i sussidi industriali, il trasferimento forzato di tecnologia, o le pratiche non commerciali delle imprese statali. Per risalire la china, consolidare i risultati e ottenerne di nuovi, i paesi G20 devono profondere uno sforzo particolare nel riformarla, modernizzandone processi, funzioni e meccanismi decisionali e rafforzandone ambiti e poteri di intervento. Porteremo questo messaggio alla 12° Conferenza Ministeriale della OMC il prossimo dicembre, presso la quale organizzeremo un business forum, come contributo del B20.
Il bello e ben fatto (BBF) italiano vale 135 mld di export con un potenziale di crescita di 82 miliardi, è ciò che è emerso dalla presentazione di “Esportare la Dolce Vita
– Rapporto 2021”. Come possiamo raggiungere questo obiettivo, anche alla luce dei fondi stanziati dal PNRR?
Ci sono dei mercati che più di altri presentano margini di ampia crescita, come ad esempio quelli asiatici. Secondo il rapporto “Esportare la Dolce Vita”, ci saranno 70 milioni di nuovi ricchi in più in Cina e 30 milioni in India e dobbiamo sfruttare questo potenziale per affermare il nostro Made in Italy.
La Cina rappresenta un’economia in grande espansione che, nonostante la pandemia, ha registrato un aumento delPIL nel 2020 e che ha una classe di consumatori benestanti di oltre 265milioni di persone, come la popolazione di Italia, Germania, Austria, Francia e Spagna messe insieme.
Per cogliere il potenziale credo che, come Sistema Paese, dobbiamo intraprendere una serie di azioni per promuovere il BBF nei mercati identificati dal rapporto con maggiore potenzialità, realizzando iniziative settoriali supportate da una campagna di comunicazione di valorizzazione del Made in Italy che è un asset strategico del nostro paese.
Dobbiamo far conoscere ad un pubblico più ampio cosa si cela dietro la manifattura del BBF, che si tratti di un abito, di uno yacht, di un’autovettura o di una produzione cinematografica. L’insieme di saperi che abbiamo saputo preservare in una chiave di artigianalità, la capacità di innovare, di scoprire nuovi materiali per realizzare prodotti unici che si contraddistinguono per la creatività che è nel DNA del nostro popolo.
Il PNRR prevede uno stanziamento di 1,2 miliardi di euro per il rifinanziamento del fondo 394 in gestione a Simest persupportare il processo di internazionalizzazione delle imprese. I fondi potranno essere utilizzati per progetti ecosostenibili, per aumentare la produttività e sostenere la digitalizzazione. Un aiuto concreto che contribuirà alla crescitainternazionale delle PMI.
Ultima domanda su uno dei temi più cari ai Giovani Imprenditori, il digital divide. La transizione digitale delle imprese può rafforzare la nostra economia da molti punti divista, dalla sostenibilità ambientale alla competitività economia. E per quanto riguarda l’export? Made in Italy ed e-commerce oggi sono un binomio vincente?
La trasformazione digitale è ormai al centro del confronto economico e geopolitico ed è diventata un elemento cruciale per la competitività delle filiere industriali. La pandemia ha impresso un’ulteriore accelerazione a questa trasformazione e molti imprenditori si sono trovati impreparati ad affrontare questa situazione.
Per il nostro Paese non è possibile quindi parlare di prospettive di crescita sui mercati internazionali senza un investimento massivo e lungimirante nel digitale che potrà effettivamente liberare il potenziale e dare un futuro alla manifattura italiana. In questo, ci aspettiamo molto dal PNRR sulla digitalizzazione che sembra avere una direzione ben definita in termini di potenziamento della competitività delle imprese.
Bisogna investire sulle piattaforme digitali, tema su cui l’Italia è ancora molto indietro rispetto ad altri paesi europei, pur avendo un potenziale più elevato, e su cui in Confindustria si sta molto dibattendo.